Economia

Gozzi (Federacciai): “La crisi energetica costerà 50 miliardi al manifatturiero italiano”

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In Italia e in Europa ci stiamo ormai preparando a una crisi energetica. Lo ha certificato il piano Risparmiare gas per un inverno sicuro, varato il 20 luglio scorso dalla Commissione europea, che fissa per tutti gli Stati membri l’obiettivo di ridurre la domanda di gas del 15% tra il 1° agosto 2022 e il 31 marzo 2023. Il piano di riduzione della domanda di gas mira a contenerne i consumi, in vista di un taglio, se non di un azzeramento delle forniture dalla Russia. Abbiamo parlato della crisi energetica del settore dell’acciaio e delle sue conseguenze con Antonio Gozzi, presidente di Federacciai.

Quanto costerà la crisi energetica al settore dell’acciaio?

Moltissimo, perché il settore è energivoro ed è uno dei più importanti. Ha alti consumi di gas ed energia elettrica. Il prezzo di quest’ultima, del resto, è pari al prezzo del gas moltiplicato per due, cui aggiungere un terzo del prezzo dell’anidride carbonica. La crisi energetica ha avuto un impatto pesante su tutta industria italiana.

Quali conseguenze potrebbe avere per il settore questo extra-costo?

Secondo una stima effettuata da Federacciai, il costo totale delle bollette di gas ed energia elettrica per l’industria manifatturiera italiana nel 2019 è stato pari a 10-11 miliardi di euro. Nel 2022, il costo totale delle bollette, ipotizzando che il costo resti stabile ai valori del primo semestre 2022 (un valore ottimistico, perché i valori medi di allora sono inferiori a quelli di oggi) è stato pari a 60 miliardi di euro. Secondo Federacciai, ciò implica ben 50 miliardi di extra-costi energetici per l’industria manifatturiera, di cui la maggior parte è pagata dai settori energivori (acciaio, chimica, carta, piastrelle, vetro e fonderie). La siderurgia ha un peso del 70% sui consumi di settori energivori e del 20% del totale della manifattura.

Quale impatto potrebbe avere sui consumatori?

Il trasferimento dei costi aggiuntivi sui prezzi funziona quando la domanda tira, come è successo negli ultimi 10 mesi. Oggi però la musica è diversa: i consumi sono in diminuzione e ci sono timori di recessione, per cui al momento è difficile trasferire gli extra-costi sui consumatori.

Come pensa che potrebbero essere attutiti gli effetti di questo extra-costo? 

Siamo molto preoccupati perché vedo che si dovevano prolungare le agevolazioni per le imprese energivore e non e invece tutto è rimasto bloccato dalla crisi di governo e non sappiamo se un esecutivo che si occupa solo degli affari correnti potrà emanarle o no. C’è il rischio di fermate produttive non tanto dovute a razionamenti che per ora sembrano scongiurati ma per i costi insostenibili dell’energia.

Sono poi attese le fermate delle aziende per l’estate, ma invece dei canonici 15 giorni, quest’anno supereremo il mese, perché mancano gli ordini e per minimizzare il danno dell’aumento dei costi dell’energia. Ora pare ci sia un indirizzo europeo di fermate volontarie incentivate, per cui parte dei costi fissi sostenuti potrebbero essere indennizzati a livello europeo, come prevede la direttiva Ue sul piano di emergenza per il gas uscita il 13 luglio 2022.

Dal suo osservatorio di Federacciai, cosa rischia il settore al protrarsi della guerra in Ucraina?

Si sono fermati i flussi di importazione di ferroleghe, semilavorati, ghisa e Dri (preridotto) dalla Russia e dall’Ucraina (pensate all’acciaieria Azovstal che si è fermata). Queste materie prime sono state sostituite con difficoltà tramite altri paesi del mondo, dove sono più care, generando altri problemi di extra-costo, sebbene meno importanti rispetto a quelli generati dall’energia.

Gli aspetti che riequilibrano queste negatività sono l’arrivo di meno prodotti finiti da Russia e Ucraina, il che sostiene le produzioni interne.

Come se ne esce?

Lo scenario meno probabile è una cessazione della guerra in Ucraina nei prossimi mesi e un ritorno alla normalità, anche se i rapporti commerciali tra Russia e Occidente saranno segnati per anni e i prezzi dell’energia saranno più elevati di prima.

Lo scenario più probabile è quello di una guerra in Ucraina che si protrae. In tal caso, “ha da passare la nottata” dell’inverno 2022-2023, che sarà difficile, in un quadro di aumento dell’inflazione a livello globale. Il momento di svolta sarà quando non avremo bisogno più del gas russo, ma ci vorranno 2-3 anni, una volta che piani di sostituzione del gas a regime.