In una torrida giornata estiva anche a Londra, il Regno Unito registra una flessione record della sua economia. Nel secondo trimestre di questo anno il Pil ha segnato un calo del 20,4% rispetto ai tre mesi prima, evidenziando la peggiore performance tra tutte le economie sviluppate del G7 a causa del Covid-19.
A provocare il tracollo il rallentamento registrato dal settore servizi e delle costruzioni ma l’economia del Regno Unito risente inevitabilmente anche della decisione legata alla Brexit che provocherà una revisione dei trattati commerciali con i Paesi dell’Unione europea. Con i dati del Pil del secondo trimestre anche il Regno Unito è entrato ufficialmente in recessione tecnica, dopo che nel primo trimestre il Pil era sceso del 2.2%: si tratta della prima recessione dal 2009, con la crisi finanziaria.
Complessivamente nei primi sei mesi dell’anno l’economia britannica si è contratta di quasi il 22%, un calo tre volte superiore a quello registrato nella crisi finanziaria del 2008-09. Per il premier Boris Johnson è ora di correre ai ripari introducendo nuovi aiuti all’economia.
“La performance negativa del Regno Unito rispetto ad altri Paesi sviluppati riflette un periodo di lockdown durato più a lungo e un settore dei servizi – l’ambito colpito più duramente dal distanziamento sociale – relativamente più ampio.
L’economia britannica ha iniziato a recuperare, ma la disoccupazione è destinata ad aumentare bruscamente via via che verrà meno il sostegno del Coronavirus Job Retention Scheme.
Per la ripresa sarà necessario ulteriore supporto da parte del Governo, mentre la BoE potrebbe sicuramente tagliare i tassi di interesse a zero – attualmente sono allo 0,1% – e incrementare il proprio programma di acquisti di bond prima della fine dell’anno.
Raggiungere un nuovo accordo commerciale con l’Ue prima che il Paese lasci l’unione doganale e il mercato unico europeo è essenziale, al fine di evitare il doppio shock della pandemia e della possibile imposizione di dazi da parte del principale partner commerciale del Regno Unito” ha commentato David Riley, Chief Investment Strategist, BlueBay Asset Management.
Le stime per i prossimi mesi del 2020
Proprio nei giorni scorsi la Boe (Banca d’Inghilterra) aveva rivisto al rialzo le stime sul Pil UK di fine anno, con una recessione prevista ora del 9,5% contro il 14% precedente a seguito dei primi segnali di ripresa della congiuntura. Un ritorno del Pil al livello pre-pandemia non è previsto però prima del 2022.
Il -20,4% registrato dal Regno Unito nel secondo trimestre si confronta con il -12,1% messo a segno dall’Eurozona da aprile a giugno. Tra gli Stati membri, la Spagna (-18,5%) ha registrato il calo maggiore rispetto ai tre mesi precedenti, seguita dal Portogallo (-14,1%) e Francia (-13,8%), Italia (-12,4). La locomotiva d’Europa, la Germania, si ferma al -10,1%.
Resta da capire se si tratta di un dato estemporaneo o è l’inizio della fine per il modello Uk basato in gran parte sui servizi della City e su quelli del settore immobiliare.