ATENE (WSI) – Il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato alla Grecia una sorta di ultimatum alla Cipro, della serie prendere o lasciare. Il tempo stringe e se i creditori e il governo, che ha già fatto sapere che non farà concessioni sulle ‘linee rosse’ indicate su pensioni, salario minimo e privatizzazioni, non troveranno un’intesa la soluzione dell’istituto di Washington sarebbe drastica.
Nel caso di Cipro, il governo fu messo davanti a una scelta: ristrutturare il sistema bancario, imporre controlli di capitale e ottenere i prestiti dal Fondo oppure andare avanti da solo con le proprie forze finanziarie. L’isola del Mediterraneo, che ha un debito irrisorio rispetto ai 330 miliardi di Atene, scelse la prima via. Il governo deve inoltre 80% di quella somma a diversi enti pubblici europei e al Fmi.
Arriva intanto la dichiarazione di Nikos Filis, che conferma il peggio. Il portavoce del gruppo parlamentare di Syriza, in un’intervista rilasciata alla televisione privata ANT1, ha detto che Atene non rimborserà i 300 milioni che deve al Fondo, il prossimo 5 giugno. “Non ci sono fondi per rimborsare enorme” prestito. Ma Filis ha garantito che il governo pagherà pensioni e stipendi, aggiungendo: “Negoziati sempre più tesi, questo è il momento della verità”, ha detto.
Sempre oggi l’agenzia di Moody’s ha osservato che, dal momento che le pressioni difficilmente si allenteranno nei prossimi mesi, ci sono “elevate probabilità che vengano imposte restrizioni sui capitali e blocchi sui depositi”. L’agenzia di rating dice in un’analisi che preoccupa il “grave deterioramento” che coinvolge liquidità e accesso ai finanziamenti delle banche elleniche. L’outlook è negativo sul rating creditizio del settore.
Nel frattempo i leader europei hanno respinto ancora una volta il piano di bilancio greco e ora il governo dovrà presentare nei prossimi giorni una lista di riforme più convincente e decisa. Un portavoce della Commissione Ue ha detto ieri che ci vorrà ancora tempo per ridurre le differenze tra le due parti interessate. Atene non riceve soldi da Ue e Fmi da agosto 2014.
Nonostante le innegabili persistenti difficoltà, sui negoziati per la verità il governo e la troika hanno dispensato ottimismo ultimamente, con il primo che spera di raggiungere un accordo con i creditori entro una settimana. Motivo per il quale la Borsa di Atene è salita ieri sui massimi dal 6 marzo e i bond europei sono poco variati, in una seduta che si preannuncia stabile.
Non rimane molto tempo però: il governo ha individuato come data definitiva il 5 giugno. Trascorso quel giorno le finanze saranno prosciugate e il paese rischierà di fare default.
I creditori dell’Eurogruppo sembrano pronti a fare concessioni sulle riforme e ridurne la pesantezza, mentre non approverreberro un taglio del debito. L’Fmi, da parte sua, al contrario delle autorità europee non può permettersi di firmare un’intesa che non garantisca la sostenibilità del debito ellenico.
La fetta che potrebbe garantire l’istituto di Washington è importante, specialmente per un paese ormai a secco che ha confessato di non aver potuto onorare con le sue sole risorse il debito da 750 milioni nei confronti del Fondo in scadenza il 12 maggio. In gioco ci sono 3,6 miliardi di euro dei 7,2 miliardi della nuova tranche di prestito di cui si parla nelle trattative.
Il Fondo non può acconsentire che venga stretta un’intesa frettolosa e pasticciata (“quick and dirty”), come si legge in un documento interno del Fondo trapelato sui mezzi stampa. L’Fmi è terrorizzato all’idea che un rilassamento sulle riforme concesso eventualmente dagli europei debba essere compensato da una riduzione del debito.
Al massimo, secondo fonti interne al governo greco, quello che potrebbe fare il Fondo in caso di mancato accordo sarebbe scaricare il credito dovuto alla Grecia nel fondo salva stati, il famigerato Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM in inglese).
(DaC)