Roma (WS) – La Grecia stamattina si sveglia al rallentatore, sotto l’effetto di uno sciopero generale contro il persistere dell’austerity imposta dai suoi creditori dell’Ue e del Fondo monetario, i cui rappresentanti sono attesi nuovamente ad Atene per verificarne gli effetti della loro cura da cavallo. La giornata di mobilitazione, la prima del 2013, indetta dai sindacati del settore pubblico e del privato, ferma i trasporti, specialmente quelli aerei, ma anche i treni e il trasporto urbano e i collegamenti con le isole.
La gente si riversa nelle strade e si ha notizia dell’intervento della polizia di Atene, che ha sparato gas lacrimogeni contro i manifestanti che lanciavano pietre.
Circa 15mila lavoratori in sciopero hanno partecipato alla manifestazione nella capitale organizzata dal partito comunista ad Atene e altre 20mila, aderenti a diversi sindacati, secondo i dati della polizia.
Altre 15mila persone hanno sfilato a Salonicco, metropoli nel nord della Grecia, secondo quanto riferito dalle autorità locali. I manifestanti hanno tentato di lanciare una bomba incendiaria e hanno lanciato pietre contro la polizia, che ha risposto sparando gas lacrimogeni, mentre nella città di Iraklio nell’isola di Creta, i manifestanti hanno ribaltato um’auto.
“Fatture non pagate, stipendi e pensioni tagliati, negozi vuoti. Il popolo greco non può attendere salvatori. Soltanto tenendo le loro fortune nelle loro mani possono uscire dallo stallo”, ha dichiarato ai giornalisti il principale leader dell’opposizione, Alexis Tsipras, capo del partito radicale di sinistra Syriza. Lo sciopero – la prima astensione generale dal lavoro in Grecia quest’anno – ha costretto le autorità aeroportuali a cancellare o riprogrammare decine di voli, mentre gli ospedali lavorano con staff ridotto.
Come osserva Richard Pine, giornalista dell’Irish Times il punto è solo uno: lo scontro fra i leader politici si sta allargando sempre di più in una nazione afflitta dalla crisi. “Il termine parlamento – scrive nel suo articolo – assume sfumature differenti a seconda del Paese di riferimento”. In Russia si chiama Duma, in America si chiama Congresso. In Grecia il Parlamento è definito Vouli, che significa volontà del popolo. Questo – riprende Pine – è davvero indicativo.
Come dire rinunciare alla sovranità non deve dipendere dalle circostanze economiche in cui versa uno Stato. Il giornalista irlandese sottolinea come l’idea di creare l’Unione europea è stata basata non solo sulla visione di un futuro economico unico, ma sull’idea di condividere il futuro culturale. “Eppure in Europa sta emergendo molta riluttanza”, nota ancora, ricordando che in Gran Bretagna hanno deciso di giocare la carta del referendum per decidere se rimanere a fare parte di questo progetto oppure no.
Ma Londra in realtà non è affatto un caso isolato. Le due elezioni in Grecia nel 2012 hanno dimostrato, infatti, quanto sia diviso il paese su chi debba avere più voce in capitolo nel Vouli. E adesso un ulteriore test delle urne – sostiene Pine – potrebbe portare a uno strappo, anche perché alle ultime elezioni i leader politici greci avevano promesso che non sarebbero assunte ulteriori misure di austerità.
Ma la realtà dei fatti li ha sconfessati, mentre il tasso di disoccupazione e’ destinato a salire al 30% entro l’anno. Ancora una volta, insomma, la verità assume contorni molto amari. Il Grexit, ossia lo spauracchio di un’uscita della Grecia dall’euro, come viene chiamato in gergo tecnico fra gli operatori di mercato, è ancora un’opzione. Lì in bella mostra sul tavolo di Bruxelles. Tutti lo sanno, ma preferiscono girare la testa dall’altro lato.