Società

Grecia: ristrutturazione “unica strada per scongiurare il disastro”

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Roma – A giudicare dalle ultime notizie uscite sulle possibile soluzioni al vaglio per mettere fine al caos greco, la crisi sembra avviarsi verso una conclusione con happy ending hollywoodiano. Ma la realta’ e’ un’altra ed e’ crudele. La riassume molto bene l’Economist in un articolo caustico e pragmatico che descive come stanno veramente le cose, suggerendo quel che bisognerebbe fare. E farlo subito.

Mentre anche la Spagna e l’Italia tremano, i mercati sono sempe piu’ convinti che la Grecia rimarra’ insolvente. Gli investitori privati latitano. La differenza di valore tra i bond greci e quelli tedeschi e’ aumentata di 8 punti nell’ultimo anno. E piu’ passa il tempo e piu’ la paura di un contagio verso altri paesi europei aumenta, invece di diminuire. All’inizio si pensava che solo la Grecia avesse bisogno di un prestito internazionale. Adesso non e’ piu’ cosi’.

Tra le alternative possibili c’e’ quella proposta soprattutto dalla destra e dai partiti euroscettici: lasciare che la Grecia fallisca, abbandoni l’euro, ripristini la Dracma e faccia quindi qualcosa di simile a quanto ha fatto l’Argentina nel 2001. Ma “non funzionera’”, dice l’Economist. Alcune banche falliranno, l’inflazione decollera’ insieme ai prezzi delle importazioni. I vantaggi della moneta debole sarebbero pochi, visto che le esportazioni incidono per una minima parte sul prodotto interno lordo greco. Inoltre, la rottura dell’eurozona metterebbe ulteriore pressione sui paesi in bilico: se la Grecia lascia l’Euro, perche’ non potrebbero farlo Irlanda, Portogallo, Spagna o Italia?

“Si parla sempre di piu’ di un default greco come di un possibile ‘momento Lehman’, in riferimento al fallimento della banca Lehman Brothers che nel settembre del 2008 portò nel baratro molti altri istituti finanziari devastando l’economia mondiale”, si legge nell’illustre quotidiano finanziario indipendente britannico.

Ma la strada da percorrere rimane una sola. La ristrutturazione ordinata del debito, per ridurre il valore all’80% del Pil. Ovvero modificare, non necessariamente in maniera multilaterale, le condizioni del denaro da ripagare: tassi di interesse, scadenze.

Ovviamente non mancano le controindicazioni, specie per i creditori e i contribuenti europei che hanno finanziato i prestiti alla Grecia. E anche questo non basterebbe da solo: servirebbe comunque la sorveglianza di Bruxelles, misure di austerita’ e qualche sostegno esterno. Tuttavia e’ “l’unica strada che non porti a un disastro”, visto che sia il default greco che nuovi prestiti a fondo quasi perduto rischiano concretamente di peggiorare la situazione.