A otto anni circa dallo scoppio della crisi, la Grecia potrebbe finalmente abbandonare la strada obbligata dei salvataggi internazionali e riaffacciarsi sui mercati in autonomia.
I segnali che arrivano dal mercato obbligazionario sono in questo senso incoraggianti: dopo aver raggiunto nel 2012 un picco di 3.440 punti, lo spread tra i titoli pubblici nazionali e il decennale tedesco è sceso alla fine della settimana a 336 punti base, il livello più basso dall’inizio del 2010, quando l’allora primo ministro George Papandreou annunciò la necessità per il Paese di ricorrere al primo salvataggio.
Allo stesso tempo, il tasso di rendimento è sceso al 3,882% avvicinandosi ai livelli del 2005 e soprattutto cominciando a colmare l’immenso gap che l’ha finora divisa dai partner Ue.
L’attuale piano di bailout, il terzo, scade ad agosto e non è escluso – dicono gli analisti – che la Grecia possa da quel momento in poi cavarsela da sola ed abbandonare la strada finora obbligata dei salvataggi internazionali.
Secondo gli esperti di HSBC, facendo ricorso ad un programma di sorveglianza specifico e rafforzato, dopo agosto i titoli greci potrebbero inoltre diventare idonei a rientrare nel Quantitative easing della Bce, che li ha visti finora esclusi.
Non solo. Dopo una prolungata assenza, alcuni hedge fund hanno non a caso ritrovato
interesse nel Paese, alla ricerca di nuovi possibili investimenti.
Il Paese nel frattempo continua negli obiettivi fissati dall’Europa, procedendo a passo spedito nelle privatizzazioni. Lo Stato finora ha incassato circa 232 milioni di euro ma, per rispettare gli impegni, entro il 2018 le privatizzazioni dovranno fruttare
complessivamente 6 miliardi di euro. Sul piatto ci sono soprattutto le società pubbliche dell’energia: quelle del gas (Defsa e l’operatore di rete Depa), l’Hellenic Petroleum e la Public Power Corporation.