L’Unione europea ha trovato una sorta di nemico in Donald Trump e un amico in Li Keqiang, premier cinese. A margine del summit 16+1 a Sofia, sono due i messaggi che ha lanciato all’Ue. Uno aprire il suo mercato a prodotti e investimenti stranieri riducendo i dazi e secondo rafforzare l’Ue.
“Un’Europa indebolita sarebbe una cattiva notizia per noi”.
Così il premier cinese nel summit, fortemente voluto da Pechino, per intensificare ed espandere la cooperazione con undici Stati membri dell’Ue e cinque paesi balcanici: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Macedonia, Montenegro, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia.
All’incontro il premier ha annunciato la realizzazione di una nuova sorta di Via della Seta dai Balcani con il finanziamento di un Global Partnership Centre a Sofia che aiuti le società cinesi a comprendere le normative europee, aiutandoli a a partecipare alle gare d’appalto. Inoltre Pechino stanzierà 1,5 miliardi di euro per iniziative infrastrutturali per la Bulgaria, come ad esempio l’alta velocità ferroviaria tra i porti del Mar Nero e quello greco di Salonicco coinvolgendo organizzazioni e banche internazionali.
“La cooperazione dovrebbe rimanere aperta e basarsi sui principi della trasparenza”, ha aggiunto Li Keqiang, ribadendo che il vertice “16+1” “non ha lo scopo di dividere l’Europa. Anzi secondo il premier cinese l’Ue è una “forza indispensabile e importante per la pace globale, la stabilità e la prosperità”.
Il messaggio è forte e chiaro e ha come unico destinatario Donald Trump. La Cina con l’alleanza con i Balcani sembra voler dire al presidente degli Stati Uniti di non temere i suoi dazi visto che riesce a trovare altri alleati.
Intanto ci sono le prime vittime della guerra commerciale in corso, scattata il 6 luglio quando la Casa Bianca ha imposto un dazio del 25% su 34 miliardi di dollari di importazioni cinesi. Dal canto sui Pechino ha risposto immediatamente con tariffe sulla soia americana, carne e veicoli. E proprio le bistecche made in Usa e le auto tedesche, come scrive Bloomberg, sono le prime vittime illustri della guerra dei dazi.