Nella guerra dei dazi intrapresa dagli Stati Uniti spunta fuori l’Italia. Non solo Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud. Anche Roma è finita nella lista dei nove partner commerciali degli Stati Uniti le cui politiche economiche e valutarie sono monitorate attentamente dall’amministrazione Trump per individuare pratiche “ingiuste” o squilibri eccessivi. Oltre al nostro Paese, le new entry sono Irlanda, Singapore, Malesia e Vietnam.
E’ quanto emerso dal rapporto semestrale diffuso dal Tesoro americano sulle politiche valutarie dei partner commerciali degli Usa, e nel quale viene confermato che Cina non è un manipolatore di valuta anche se le sue pratiche valutarie sono fonte di preoccupazioni “significative”.
Stando al rapporto, gli Usa sono per l’Italia la terza maggiore destinazione delle sue esportazioni, con un avanzo commerciale in beni verso l’America salito a 32 miliardi di dollari nel 2018. Il nostro surplus commerciale nei servizi è stato di 4 miliardi.
Entrando nel dettaglio della fotografia scattata da Washington all’Italia, il rapporto sottolinea la necessità che Roma adotti “riforme strutturali fondamentali per migliorare la crescita di lungo termine, ridurre la disoccupazione e il debito pubblico alti e per salvaguardare la sostenibilità fiscale ed esterna’.
E ancora: ‘L’Italia è alle prese con debolezze strutturali di lunga data che hanno contribuito a una crescita bassa’.
Non manca un riferimento al debito pubblico, considerato “fonte cruciale di vulnerabilità” mentre i piani sulla legge di bilancio proposti ‘hanno aumentato le preoccupazioni sulla sostenibilità di lungo termine delle finanze pubbliche’.
Bocciate le riforme sul reddito di cittadinanza e Quota 100, che sono alla base di quelle che gli Usa vedono come voci di spesa destinate probabilmente a salire ‘portando incertezza nell’outlook fiscale e finanziario’ del Paese.