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Guerra, e ora cosa succede all’inflazione?

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La settimana sui mercati si è aperta con le nuove tensioni geopolitiche dopo l’attacco a Israele da parte di Hamas. Da lunedì la volatilità ha fatto capolino sui mercati, con gli energetici ‘sorvegliati speciali’: petrolio e gas su tutti.

L’oro nero ha avviato settimana a 86,45 dollari al barile e adesso viaggia sugli 87,8 dollari (+3,7% da chiusura di venerdì scorso) ma è soprattutto il gas ad avere registrato una fiammata, passando da 41 a 53 euro al megawattora e registrando quasi +38% nell’ultima settimana. Una corsa, quella del gas, alimentata anche dagli scioperi in Australia e dall’indagine sulla perdita di un gasdotto sottomarino, ma con livelli che restano ben lontani da quelli visti nel 2022, con il prezzo del gas che era schizzato oltre quota 300 euro.

Con uno scenario così incerto e con le quotazioni del petrolio che si surriscaldano, quali ripercussioni ci potrebbero essere sulla tanto temuta inflazione? Gli ultimi dati sull’inflazione mostrano come i prezzi restino elevati ma in ogni caso in calo. Ma uesto nuovo conflitto quanto potrebbe incidere e impattare sull’inflazione?

Alert di Visco: clima e tensioni geopolitiche possono innescare ulteriori aumenti dei prezzi

Un nuovo conflitto che si inserisce in uno quadro mondiale già traballante e incerto. Come ha sottolineato nei giorni scorsi il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo discorso tenuto al Development Committee nell’ambito del vertice dell’Fondo monetario internazionale (Fmi) e della Banca Mondiale a Marrakech.
“Le previsioni sull’economia globale sono deboli e altamente incerte, con la crescita che rallenterà notevolmente nel 2023 e nel 2024. I rischi sono chiaramente orientati al ribasso, riflettendo non solo la perdita di slancio in alcune aree, ma anche la possibilità che eventi climatici e tensioni geopolitiche possano innescare ulteriori aumenti dei prezzi dell’energia e cibo. Nel frattempo, l’inflazione è ancora elevata, anche se in lieve calo”, ha precisato il numero uno di Bankitalia che presto lascerà il timone a Fabio Panetta.

Galli (Osservatorio CPI): basse probabilità di un nuovo choc inflazionistico

Per Giampaolo Galli, docente di Economia politica e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica, la probabilità di un nuovo choc inflazionistico (in stile 2021/2022 n.d.r.) resta abbastanza bassa.”Bisogna ricordare che una delle principali componenti alla base della recente corsa dell’inflazione è il prezzo del gas, motore dei recenti rialzi, che ora è tornato sotto i livelli anteguerra in Ucraina. Certo, il prezzo del gas è aumentato negli ultimi giorni però, a mio avviso, bisogna anche relativizzare la situazione: questo dato non ha nulla a che vedere con i livelli dello scorso anno, quando sfondò quota 350 euro megawattora”, spiega il docente che poi si sofferma sul petrolio.

In particolare, Galli sottolinea come adesso la situazione è molto differente rispetto agli choc petroliferi del passato, ad esempio come la guerra del Kippur scoppiata nell’ottobre del 1973. “Allora, c’erano due nazioni, Siria ed Egitto, che avevano attaccato Israele – sottolinea -. Inoltre Il cartello Opec era molto compatto, con una posizione diversa rispetto a quella di attuale. Di fatto, oggi il petrolio l’importanza del petrolio è diminuita. Lo dimostra il fatto che l’intensità energetica e del petrolio si sia dimezzata rispetto agli anni ’70: se nel 1973 era necessario un barile di petrolio per 1000 dollari di Pil globale, ora è 0,40 barili per 1000 dollari (a prezzi costanti).”.

Se nella partita entrasse l’Iran sarebbe un’altra storia

Se nella partita, però entrasse l’Iran sarebbe tutta un’altra storia, la questione cambierebbe radicalmente. Al momento, siamo di fronte a una forza politica Hamas, che ha un rapporto forte con l’Iran, ma di fatto non è una guerra tra nazioni. E a mio avviso è difficile che nell’attuale contesto possa nascere una solidarietà araba – rimarca il direttore dell’osservatorio CPI -. Nel 1973, come detto, c’erano Siria ed Egitto che potevano contare sulla solidarietà di un cartello di Paesi Arabi, da tempo alla ricerca di un espediente per alzare i prezzi dettati allora dalle 7 sorelle, ovvero le maggiori compagnie petrolifere internazionali che dominavano sul mercato mondiale”. Nel contesto attuale, aggiunge, la dipendenza dal petrolio è inferiore e il Medio Oriente è più diviso, con tutte le spaccature storiche che si sono create negli anni.