di Simone Borghi
A più di un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, mercati e investitori si chiedono come cambierà lo scenario nei prossimi mesi. Scontato dire che molto dipenderà dagli sviluppi del conflitto sia sul campo di battaglia che sul lato diplomatico. A questo proposito, gli esperti si dividono tra coloro che temono una guerra prolungata con un peggioramento della situazione geopolitica e quelli che credono in una de-escalation ancora possibile.
Innanzitutto, c’è da dire che i mercati non amano l’incertezza e ciò si visto dall’andamento dei listini a cavallo dei periodi di guerra e tensione geopolitiche. Ad apprendere dalla storia dell’ultimo secolo, la maggiore volatilità dei mercati è sempre stata dovuta all’incertezza del clima politico ed economico che precede l’esplosione di un conflitto importante. Gli investitori, infatti, non temono tanto le guerre quanto piuttosto la mancanza di controllo sugli eventi in corso.
A giudicare da quanto sta accadendo ai mercati globali in questo momento, che sono praticamente tornati sui livelli pre-conflitto, ci sono le premesse per supporre che anche il conflitto tra Russia e Ucraina determini conseguenze borsistiche coerenti a quanto avvenuto nella storia. Le ondate di volatilità che si sono viste sui listini sono una delle caratteristiche chiave del clima dei mercati nelle fasi subito precedenti o appena iniziali di un conflitto e storicamente tale clima si è sempre disteso a conflitto in corso i listini tornano invece a crescere. La storia insegna che le borse non “disdegnano” le guerre, ma la domanda che ci poniamo tutti è quando finirà il conflitto Russia-Ucraina.
Gli effetti di un prolungamento della guerra
La guerra senza fine potrebbe esacerbare la crisi energetica. È quello che pensano gli esperti di S&P Global Ratings, secondo cui c’è un rischio significativo che il conflitto militare tra Russia e Ucraina si protragga, esacerbando la crisi energetica dell’Europa, mentre i tassi d’interesse nei mercati sviluppati potrebbero essere costretti a salire ancora più bruscamente rispetto allo scenario di base, per mitigare le crescenti pressioni inflazionistiche. Ciò potrebbe portare a una recessione più profonda del previsto in Europa e, in misura minore, negli Stati Uniti, con un concomitante aumento della disoccupazione.
Considerando l’aumento dei rischi e la loro potenziale attuazione, S&P Global Ratings ha sviluppato uno scenario negativo, con una probabilità che si verifichi pari a uno su tre. In Europa, lo scenario negativo vedrebbe prezzi energetici elevati e razionamenti. La Bce sarebbe costretta a seguire la Fed a causa del deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, alimentando l’inflazione importata. Dal punto di vista borsistico, questo porterà al perdurare del clima di incertezza, che ai mercati proprio non piace, con ritorno di volatilità nel caso la situazione geopolitica peggiori.
Gli effetti di una de-escalation del conflitto
Uno scenario di de-escalation è quello invece prospettato dagli analisti di Barclays, i quali ritengono che qualsiasi forma di cessate il fuoco tra la Russia e l’Ucraina potrebbe ridurre la pressione sui mercati europei del gas, oltre che su quelle aziende che hanno un’esposizione più ampia alla Russia.
Guardando oltre, la storia degli ultimi cento anni ci insegna che il più delle volte i mercati reagiscono con grande forza alla fine di eventi dal grave impatto socio-economico. Il rimbalzo che solitamente si innesca a fine guerra viene dato dalla tempestività degli investitori nel modificare gli asset economici dalla fase bellica all’investimento post-bellico. Ed è tutta qui che si gioca la partita della ricostruzione.
Nei principali conflitti della storia i mercati azionari hanno impiegato circa 15 sedute per riprendersi. L’equilibrio dei mercati e le prospettive di ripresa sono in mano a tutte queste dinamiche, che gli investitori, anche nel caso del conflitto in corso, non possono ignorare.