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Guerra valutaria, chi sta vincendo?

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NEW YORK (WSI) – La guerra valutaria sta creando distorsioni evidenti sui mercati e sull’economia reale. La Svezia è ormai sull’orlo di una bolla immobiliare, mentre l’Australia si vedrà costretta ad abbassare i tassi già dal prossimo mese, secondo le previsioni degli analisti.

Danimarca e Svizzera hanno seguito le orme della Bce, che ha varato un piano di Quantitative Easing da 1.100 miliardi di euro a inizio marzo. Persino la Russia ha abbassato i tassi, del 2%, dopo le strette monetarie aggressive volte a contenere il crollo del rublo. Delle grandi potenze del mondo, solo il Brasile non partecipa alla gara a chi taglia di più i tassi, visto che deve far fronte a un’inflazione montante.

La situazione è ormai fuori controllo. E a perderci in questo contesto sono sopratutto risparmiatori e investitori nel mercato dei bond, come sottolinea in un’attenta analisi sul tema Paolo Cardenà. Il banchiere privato osserva come la svalutazione della moneta sia ormai “diventata la principale arma adottata da un numero considerevole di banche centrali”.

Gli effetti distorsivi delle misure ultra accomodanti delle banche centrali stanno causando problemi a risparmiatori, costretti a dare la caccia a titoli ad alto rendimento dopo il collasso dei tassi sui bond.

Dal 2004, scrive Cardenà, “le banche centrali delle maggiori economie sviluppate hanno accumulato emissioni sovrane per 10 trilioni di dollari, continuando ad esprimere una domanda di $3 trilioni all’anno a fronte di emissioni nette per 2,5 trilioni di dollari”.

“Questo squilibrio tra domanda e offerta è una delle principali cause del fatto che, solo in Erozona, circolano quasi euro 2000 miliardi di titoli con rendimenti negativi e molti altri ancora offrono rendimenti vicini allo zero, nonostante siano emessi da emittenti di dubbia solvibilità”.

Il risultato è che se prima “per anni le azioni delle banche centrali sono stati una fonte di stabilità finanziaria”, ora “stanno sempre più diventando una fonte di volatilità”.

Persino la banca delle banche centrali, ossia la Banca Internazionale dei Regolamenti, ha riconosciuto che “le ricadute della politica monetaria possono essere importanti fonti di instabilità macroeconomica e finanziaria mondiale”.

Se da una parte del mondo c’è qualcuno che sta perdendo la battaglia, in teoria dall’altra c’è chi vince. Il problema è che nel mondo contemporaneo, l’offerta di moneta è potenzialmente illimitata e, dunque, non vi è scarsità della stessa. Si ribalta così il principio del “denaro come deposito di valore e lubrificante degli scambi”, per citare il professor Roberto Orsi, docente e ricercatore all’Università di Tokyo.

Ma se non esistono più le perdite, osserva Cardenà, “per una questione dialettica non esistono più nemmeno i profitti. Se non esistono né perdite né profitti, non esistono più né la concorrenza né il mercato: il cerchio si chiude”.

Le conseguenze possono essere deleterie. Il mercato continua a salire, separandosi sempre più dai fondamentali dell’economia reale, aumentando il pericolo che si formino delle bolle, come quella in atto nel mercato obbligazionario europeo.

Fonte principale: Vincitori e Vinti

(DaC)