Società

Kamala Harris: strada spianata per la nomination. Boom di donazioni

Primo scoglio superato per la vicepresidente Usa Kamala Harris che, stando alle notizie in arrivo d’oltreoceano, pare aver raggiunto il sostegno di un numero sufficiente di delegati del partito democratico per essere candidati alla presidenza, dopo il ritiro di Joe Biden.

Dem compatti, sostengono Harris

Nella tarda serata di ieri la NBC News ha comunicato che Harris avrebbe consolidato l’appoggio del partito alle sue spalle, raggiungendo la soglia di 1.992 delegati, sopra i 1.976 necessari per la maggioranza. I delegati dovrebbero ufficializzare la sua nomination prima della Convention del 19 agosto.

Boom di donazioni

Tutto questo mentre nelle ore successive all’annuncio di Biden di porre fine alla sua vacillante campagna di rielezione, Harris e il partito democratico hanno raccolto circa 250 milioni di dollari in donazioni online e impegni di grandi donatori.

Non è ancora chiaro quanto di questo denaro sia stato dato alle campagne per la Camera e il Senato e quanto sia andato alla campagna dell’ex Biden, ribattezzata da un giorno all’altro come campagna Harris for President.

Oltre alle donazioni online, un super comitato d’azione politica che sostiene il ticket Biden-Harris ha annunciato che nelle ultime 24 ore i principali donatori, che si erano tenuti in disparte nell’ultimo mese per via delle preoccupazioni per la candidatura di Biden, hanno assunto impegni per un totale di 150 milioni di dollari a favore dell’impegno elettorale di Harris.

“Non vedo l’ora di accettare formalmente la nomination”, ha detto in una nota, aggiungendo di essere “orgogliosa di essermi assicurata l’ampio sostegno necessario per diventare il candidato del nostro partito”. Parlando di Donald Trump, Harris ha detto di conoscere i tipi come lui ricordando la sua esperienza come procuratrice che ha messo sotto accusa truffatori e predatori sessuali.

Pioggia di endorsement

Harris intanto incassa una pioggia di endorsement all’interno dei dem. I sostegni sono fioccati dai Clinton a Nancy Pelosi, dai presidenti statali del partito a oltre 500 dei 4.700 delegati, passando per diversi congressman, dalla deputata liberal Alexandria Ocasio Cortez al senatore dell’Arizona Mark Kelly.

Anche Hollywood si è schierata con Harris, mentre la Silicon Valley – con cui sia lei che il marito avvocato Douglas Emhoff hanno sempre avuto stretti rapporti – sta riaprendo al ticket dem dopo le sirene trumpiane. Mancano solo Barack Obama, che secondo il New York Times vuole mantenersi imparziale, e i leader dem di Camera e Senato, che non vogliono condizionare i loro parlamentari.

A differenza di altri grandi donatori dem che hanno dato subito il loro endorsement a Kamala Harris per la Casa Bianca, il miliardario Mike Bloomberg ha invitato non avere fretta e a” sondare il polso degli elettori”, soprattutto negli stati  “battleground”.

In una dichiarazione su X, l’ex sindaco di New York ed ex candidato presidenziale sostiene che i democratici hanno “tempo più che sufficiente” per valutare le opinioni nei principali stati in bilico e che affrettare la decisione sarebbe un errore.

“Non abbiamo bisogno di decidere subito, dobbiamo invece farlo bene. La decisione è troppo importante per essere affrettata, perché le elezioni sono troppo importanti per essere perse”, ha scritto.  I democratici, ha aggiunto, hanno l’opportunità per un “nuovo inizio”, con quattro settimane prima che circa 4.000 delegati si riuniscano a Chicago. “Questo è un tempo più che sufficiente perché il partito possa sondare il polso degli elettori, soprattutto negli stati teatro di battaglia, per determinare chi è nella posizione migliore per vincere a novembre e guidare il Paese nei prossimi quattro anni”, conclude.