HSBC, fra i maggiori gruppi bancari al mondo, intende far coincidere con la crisi indotta dal coronavirus una ancor più massiccia ristrutturazione delle sue aree di business, introducendo nuovi tagli e sacrificando alcune divisioni ritenute poco strategiche e meno redditizie. E’ quanto affermano alcuni esponenti di livello della banca britannica, che hanno parlato al Financial Times in condizioni di anonimato.
HSBC lo scorso febbraio aveva già annunciato il più grande piano di tagli mai visto nei suoi 155 anni di storia: 35mila licenziamenti, 4,5 miliardi di dollari in risparmi sui costi, con l’obiettivo di tagliare il ramo investment banking e le operazioni in Europa e Usa. Con la crisi del Covid-19 il focus della società dovrebbe spostarsi ancor di più in Asia.
Attività negli Usa sotto la lente
L’attività retail statunitense sarebbe quella più prossima ad essere sacrificata. L’anno scorso gli utili relativi al business Usa si sono ridotti del 39% con un rendimento del patrimonio netto tangibile dell’1,5%; si tratta di una redditività ben più bassa di quella registrata in Asia (15,8%) e in Medio Oriente (12%).
Una vendita negli Stati Uniti “è possibile, ma è molto presto per deciderla”, ha dichiarato una fonte, “ciò che HSBC deve capire è che, nel bene o nel male, la loro opportunità è in Cina”.
“Non c’è dubbio che dobbiamo avere un’attività [negli Stati Uniti], ma dobbiamo rivedere la sua forma”, ha detto un’altra persona coinvolta nella definizione della strategia della banca.
Fra gli altri Paesi in cui HSBC potrebbe ridurre la sua presenza, attraverso vendite o chiusure, ci sono, inoltre, Malta, Bermuda, Filippine e Nuova Zelanda.
La crisi-coronavirus potrebbe spingere la banca ad assumere decisioni ancora più drastiche rispetto al passato. Il titolo HSBC si trova ai minimi del decennio e l’impatto della recessione sui crediti ha spinto la banca a triplicare gli accantonamenti a 3 miliardi di dollari – cifra che, secondo il ceo Noel Quinn, potrebbe arrivare fino a 11 miliardi entro la fine dell’anno.