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I 10 fattori che potrebbero far deragliare l’economia nel 2022

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Nel momento in cui scriviamo, 2 novembre, Wall Street ha appena toccato nuovi massimi storici che testimoniano quanto, fra gli investitori, prevalga un clima di fiducia sulle prospettive dell’economia nel 2022 e oltre.

Per il prossimo anno si prevede un consolidamento della crescita economica post-Covid a livello globale. Eppure, l’uscita dalle politiche economiche e monetarie di supporto, così come una recrudescenza della pandemia – specie nei Paesi meno coperti dalla protezione del vaccino – sono alcuni delle possibili minacce che incombono sui mercati. L’Economist intelligence unit (Eiu) ha sintetizzato in 10 punti i possibili “scenari peggiori” (“worst-case scenarios”) per l’economia globale che potrebbero concretizzarsi nel 2022.

  1. Inasprimento delle relazioni Usa-Cina e le conseguenze sulle catene di approvvigionamento. In uno scenario estremo, i paesi in via di sviluppo potrebbero essere costretti a compiere una scelta di campo, entrando a far parte o delle supply chain che sostengono le imprese americane o quelle cinesi. La piena biforcazione economica globale costringerebbe le aziende a gestire due catene di approvvigionamento con diversi standard tecnologici. Tutto questo aggraverebbe l’incertezza intorno al commercio e agli investimenti globali.
  2. Un restringimento monetario precoce porta ad un crash del mercato azionario Usa. La recente accelerazione dei prezzi sta esercitando maggiori pressioni sulle banche centrali, che potrebbero anticipare l’agenda per l’innalzamento dei tassi rispetto a quanto previsto fino a qualche mese fa. Le alte valutazioni azionarie, rappresentate da un rapporto prezzo/utili più elevato di quanto non lo fosse nel 2008, unite a una possibile stretta monetaria anticipata potrebbero portare a una correzione sui mercati. Essa avrebbe un peso notevole sui consumi, data la crescita dell’investimento azionario fra i piccoli risparmiatori americani.
  3. Un crollo del mercato immobiliare cinese innesca un rallentamento economico. L’eventuale bancarotta del colosso Evergrande, avrebbe ripercussioni importanti sulla crescita cinese, legata in buona parte al settore edilizio. Non si stratta dell’unica società immobiliare a trovarsi in condizioni di elevato debito. L’Economist, in questo scenario, si aspetta come minimo un crollo del valore del real estate cinese che potrebbe deprimere la crescita del Paese.
  4. Condizioni finanziarie più strette sabotano la ripresa dei mercati emergenti. In un contesto in cui gli Stati sono sempre più indebitati a causa della pandemia, la normalizzazione dei tassi di interesse accrescerà i costi di servizio del debito per i governi. Secondo l’Eiu, questo potrebbe aumentare la pressione verso un consolidamento fiscale pro-ciclico aggressivo (un aumento di tasse associato a un taglio delle spese) che, alla fine, ritarderebbe la ripresa dei Paesi emergenti.
  5. Nuove varianti Covid “bucano” la protezione dei vaccini. La diffusione della malattia indotta dal Covid resta un fattore in grado di influenzare fortemente le prospettive di ripresa. Non si può escludere che emergano nuove varianti più aggressive e maggiormente trasmissibili anche fra i soggetti vaccinati.
  6. Una diffusa sollevazione sociale colpisce l’economia. La pandemia ha inciso sui redditi e la qualità della vita, aumentando la possibilità di disordini sociali. Particolarmente a rischio sarebbero i Paesi le cui economie sono state colpite più duramente dal Covid, come i paesi in Medio Oriente, Africa e America Latina. Il clima di tensione potrebbe spingere gli investitori a rifuggire il rischio politico in alcuni Paesi.
  7. Una crisi a Taiwan costringe gli Usa ad intervenire. Il presidente americano Joe Biden l’aveva confermato alcuni giorni fa: un’azione ostile di Pechino su Taiwan provocherebbe una reazione militare da parte degli Stati Uniti. Le incursioni aeree cinesi sullo spazio dell’isola sono diventate, nel frattempo sempre più frequenti. L’Eiu sostiene che queste manovre abbiano aumentato il rischio di un errore di calcolo militare. Un eventuale conflitto Cina-Taiwan spazzerebbe via l’economia dell’isola, compresa la sua industria di semiconduttori, su cui si basano le catene di approvvigionamento globali. Le conseguenze militari potrebbero presto assumere un respiro globale, con l’intervento di Usa, Giappone e Australia.
  8. Si deteriorano i legami fra Ue e Cina. Lo scorso marzo le relazioni fra i due blocchi sono state complicate da una serie di sanzioni europee dovute alle violazioni dei diritti umani della comunità uigura nella regione dello Xinjiang. Un ulteriore inasprimento di queste posizioni provocherebbe, secondo l’Eiu, interruzioni operative per le aziende cinesi colpite e lascerebbe le aziende dell’Ue che operano in Cina vulnerabili alle ritorsioni di Pechino.
  9. Gravi siccità provocano conseguenze nell’offerta di alcune materie prime. Secondo l’Eiu, la carenza d’acqua nell’Europa meridionale, nel Mediterraneo, negli Stati Uniti sud-occidentali e nell’Africa meridionale avrebbe conseguenze a breve e lungo termine per l’economia globale. Infatti, l’impatto sui raccolti agricoli farebbe salire i prezzi delle materie prime, alimentando l’inflazione globale.
  10. Le minacce alla cybersicurezza colpiscono le infrastrutture. Qualsiasi escalation militare, nel mondo attuale, assumerebbe i tratti di una guerra informatica che potrebbe andare a colpire infrastrutture chiave. Un evento del genere potrebbe essere innescato da una rottura diplomatica completa fra le maggiori potenze, con una conseguente serie di attacchi e contro-attacchi cibernetici. Le conseguenze sul commercio e l’incertezza peserebbe sul sentiment degli investitori.