Economia

I costi economici del terrorismo

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NEW YORK (WSI) – Gli attentati terroristici possono avere un impatto negativo nei mercati e nelle economie. Gli attacchi di Parigi e l’abbattimento dell’aereo russo in Egitto sono due esempi di come i mercati tendono a rispondere a breve e lungo termine agli choc geopolitici che mettono in pericolo la sicurezza dei civili.

L’economia interna nazionale rischia di essere danneggiata in caso di attentati, in particolare la fiducia dei consumatori e degli investitori. Gli attentati che colpiscono i cittadini possono per esempio penalizzare il settore del turismo, mentre gli attacchi che prendono di mira istituti finanziari, come è successo con il World Trade Center, rischiano di avere conseguenzze anche sui sistemi finanziari mondiali.

È difficile avere stime esatte, ma studiando il rapporto che è intercorso in passato tra un episodio di terrorismo e l’effetto che ha su economia e mercati, è possibile avere un’idea generale. Gli analisti di Global Risk Insights hanno messo giù qualche cifra.

Per le economie maggiori e più solide l’impatto a breve è minimo, come dimostrano i casi di Stati Uniti ed Europa. Ma in Belgio, per esempio, il 40% delle prenotazioni negli hotel del paese sono state cancellate nel fine settimana successivo alla decisione delle forze di sicurezza di chiudere scuole e trasporti per tre giorni il mese scorso, dopo gli attentati di Parigi che hanno provocato la morte di almeno 130 persone.

Dopo l’11 settembre il Pil degli Stati Uniti ha perso solo mezzo punto percentuale, mentre nel giro di appena un mese i principali indici azionari hanno recuperato tutte le perdite gravi subite alla riapertura dei mercati (che sono rimasti chiusi per tre giorni). Il Cac francese al momento è lo 0,1% sotto i livelli precedenti gli attacchi dell’ISIS a Parigi. La Borsa di Londra ha rimbalzato in fretta dopo gli attentati del 2005 e i mercati hanno registrato un guadagno delo 0,8% quel trimestre. Insomma, dopo il panico iniziale, la situazione tende a ritornare alla normalità sui mercati finanziari.

I paesi che vedono ripetersi in continuazione episodi di violenza, come l’Egitto, dove peraltro l’economia dipende molto dai ricavi provenienti dal turismo, normalmente subiscono invece perdite durature. Anche se le perdite sono temporanee, hanno un impatto negativo su economie che sono già in difficoltà come quella egiziana. La cancellazione di voli dopo l’abbattimento dell’aereo passeggeri russo in Sinai, attentato rivendicato dall’ISIS, potrebbero finire per costare 280 milioni di dollari al mese.

Lo stesso discorso, ma amplificato, si può fare sull’impatto a lungo termine. Nelle economie industrializzate l’economia si riprende solitamente in fretta e i consumi nel turismo e viaggi vengono di solito rimandati a un altro periodo, non annullati del tutto.

Per le nazioni che invece subiscono frequenti attacchi terroristici e violenze, tuttavia, le implicazioni economiche a lungo termine sono più ovvie e più pesanti. Le guerre in Siria e Iraq hanno devastato non solo città e infrastrutture, ma anche le economie, provocando inflazione, generando alti livelli di disoccupazione e spingendo la popolazione a fuggire in cerca di un posto di lavoro altrove.

Inoltre ci sono le conseguenze indirette degli attentati. Gli episodi gravi di terrorismo possono spingere un governo ad aumentare le spese nella Difesa e nella sicurezza e altre attività non produttive, come l’aumento dei controlli alla frontiere e i finanziamenti all’esercito. Il denaro che va a polizia e autorità di sorveglianza viene giocoforza sottratto agli investimenti e il commercio, minacciando la crescita.

Nel corso del tempo si vedono gli effetti sull’economia. In Israele, per esempio, gli esperti dicono che il Pil pro capite sarebbe stato dell’8,6% più alto tra il 1994 e il 2003 se la nazione non avesse dovuto investire tutti quei soldi in esercito e polizia per garantire la sicurezza della sua popolazione, minacciata quotidianamente da episodi di terrorismo.

Allo stesso modo gli attentati di Parigi potrebbero spingere l’Unione Europea a spendere più soldi nella sicurezza. Il conto sarà particolarmente salato se i controlli alla dogana nell’area di Schengen diventano più severi e vengono impiegate forze di sicurezze nazionali. Leggi più rigide potrebbero inoltre compromettere le attività commerciali e del settore manifatturiero.

Fonte: Global Risk Insights