I fondi “etici”, che osservano gli standard environmental, social and governance (Esg) stanno sovraperformando le controparti non dedicati a questi aspetti. In particolare nei mercati emergenti: il MSCI Emerging Markets Leaders index, che è focalizzato su società ad elevato Esg ha battuto il più noto MSCI Emerging Markets benchmark sin dai tempi della crisi finanziaria, con un divario che lo scorso giugno ha raggiunto la sua massima ampiezza. A raccontare questo trend è un approfondimento del Financial Times, nel quale il trend viene confermato a livello globale dagli indici FTSE Russell, composti da società attente all’ambiente, che hanno battuto le performance del riferimento FTSE Global All Cap Index.
Capire il perché dell’interesse verso queste società ad alto tasso Esg non dà facili risposte: da un lato gli investitori cercano di beneficiare dall’opportunità delle tecnologie pulite in un mondo sempre più impegnato (almeno sulla carta) a combattere il cambiamento climatico (anche, sostengono alcuni, attraverso sussidi a tali società). E’ anche un modo per escludere dal portafoglio le società che, da questa responsabilizzazione potrebbero rimetterci, quelle più inquinanti. “C’è la necessità di proteggere il portafoglio dai rischi al ribasso è questa è l’aspirazione numero uno dei nostri clienti”, dice al Ft Isabelle Mateos y Lago (Black Rock), “questo riguarda il non perdere tonnellate di denaro. Se si è investito nel settore carbone americano nel giugno 2014, si sarebbe perso l’85% entro fine 2015”.
Esg, comunque, non significa solo attenzione verso l’ambiente ma anche verso l’equità sociale (in termini di compenso equo ai lavoratori, ad esempio) e verso un’amministrazione trasparente (non vi trovano spazio compagnie statali e dalla gestione opaca o in conflitto d’interesse).