I mercati privati europei sfidano la pandermia
“Il Covid-19 ha frenato l’attività in tutto il continente, ma l’industria rimane robusta e vivace, e ci sono indicazioni che l’attività possa riprendersi con l’attenuazione delle restrizioni”.
È un verdetto prudente ma dalle tinte positive per tutto il settore degli asset alternativi in Europa – dove il maggior peso è quello dei mercati del private equity e degli hedge fund – quello emesso da Preqin nella sintesi del rapporto 2020 Alternative Assets in Europe, realizzato in collaborazione con Amundi.
Lo studio, “il più ampio del suo genere”, analizza come l’industria dei capitali privati si sia sviluppata nei principali mercati europei ma anche quali fattori ne guideranno l’attività nei prossimi mesi e negli anni a venire.
Il tutto senza tralasciare di condividere i numeri relativi al mercato dei private investment in Italia. Non per niente, il report nella versione italiana ospita il punto di vista sul mercato tricolore di Innocenzo Cipolletta nella veste di presidente di Aifi, l’Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt.
Mercati private, i numeri
Il rapporto mette innanzi tutto in evidenza la fotografia scattata all’insieme dei fund manager di asset alternativi basati in Europa a dicembre 2019. Ebbene, l’istantanea è impressionante.
Le masse gestite raggiungono quota 2.000 miliardi di euro, con i settori del private equity (795 miliardi di euro) e degli hedge fund (609 miliardi di euro) a fare la parte del leone.
Gli esperti di Preqin sottolineano che la crescita dell’industria europea degli investimenti alternativi è stata straordinaria nello scorso anno, con un incremento di oltre 200 miliardi di euro in soli 12 mesi.
Mercati privati: effetto Covid-19
Certo, come avvenuto nel ben più ampio panorama finanziario, la pandemia del Covid-19 ha scosso anche l’industria degli investimenti alternativi in Europa, con un impatto diretto da inizio anno sulla raccolta di capitali e la chiusura di deal.
Ma il report di Preqin ci svela un aspetto molto incoraggiante. Mentre l’attività non è per forza di cose ai livelli record che abbiamo visto negli ultimi anni, i fondi anche nel corso di questa pandemia hanno continuato a raccogliere capitali e i manager stanno investendo quanto raccolto, sulla scia di un appetito degli investitori sempre forte.
A cosa è dovuta questa forza? “Gli asset alternativi – spiegano da Preqin – sono visti come strumento di diversificazione del portafoglio e fattore di attenuazione della volatilità, e nel complesso come fonte di interessanti rendimenti corretti per il rischio in un mondo di tassi di interesse costantemente bassi e di titoli azionari volatili”.
Ma quali prospettive ha ora il settore nel suo complesso? “L’Europa deve affrontare sfide significative nel ristrutturare, riformare e far crescere le sue economie” ha dichiarato Mark O’Hare, ceo di Preqin. “La buona notizia è che gli asset alternativi possono svolgere un ruolo prezioso nel contribuire a sbloccare il potenziale del continente. L’Europa ha un’industria dinamica e di successo, completamente attrezzata e pronta a soddisfare le mutevoli esigenze di tutti gli stakeholder”.
E così, nonostante il contesto di disruption, il 2020 sta svelandosi come un altro anno vivace per l’industria degli investimenti alternativi. Da sottolineare, in particolare, la performance della raccolta di capitali di private debt in Europa.
Ha registrato addirittura un’accelerazione arrivando a 21 miliardi di euro nella prima metà dell’anno, grazie agli investitori che cercano di trarre vantaggio da potenziali investimenti anticiclici.
Raccolta dinamica per le infrastrutture.
A livello di operazioni concluse, il real estate e le infrastrutture hanno visto un calo marcato dei deal realizzati. Le operazioni di Private Equity Real Estate (Pere) in Europa si sono attestate a soli 22 miliardi di euro nel primo semestre 2020, rispetto agli 82 miliardi del 2019 e ai 120 miliardi del 2018.
Attenzione però. I fondi immobiliari che puntano all’Europa hanno continuato ad attirare investimenti, con 40 fondi che hanno raccolto un totale di 18 miliardi di euro nel 1° semestre 2020, a fronte di una media annuale tra 30 e 38 miliardi di euro raccolti dal 2014. Nel 2020 la raccolta fondi si è orientata verso strategie opportunistiche e value added, meno su quelle core e debt.
Anche i deal nelle infrastrutture sono scesi da 170 miliardi di euro di tutto il 2018 a 40 miliardi di euro nella prima metà del 2020. I fund manager riferiscono che le sfide logistiche causate dalla pandemia Covid-19 hanno reso la due diligence e la generazione di deal molto più impegnative.
“Ma – confermano da Preqin – anche in questo caso, l’attività di raccolta di capitali è stata sostenuta. Ciò suggerisce che l’attività potrebbe riprendersi in relazione alla revoca delle misure di distanziamento sociale in Europa”.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di ottobre del magazine Wall Street Italia