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I PREDATORI DEL TELEFONO FISSO

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Tra gli addetti ai lavori si chiama “prezzo predatorio”. Ed è uno dei casi in cui il tecnicismo non offusca il senso della parola. Dunque non è così difficile capire perché l’Antitrust di Giuseppe Tesauro ha deciso di aprire un’istruttoria nei confronti di Telecom Italia per abuso di posizione dominante.

Per conquistare grandi clienti business, ma anche uffici della pubblica amministrazione centrale o periferica, Telecom Italia ha offerto «sconti personalizzati, contrari – scrive l’Authority del mercato nel Bollettino diffuso ieri – ad una logica di redditività, e piuttosto ispirati alla sola volontà di sottrarre il cliente alla concorrenza». Con un effetto positivo per l’utenza: proposte commerciali a prezzi stracciati. Con un danno evidente a carico degli altri concorrenti (Wind, Albacom, Atlanet, Tiscali e pochi altri piccoli operatori) che, nel caso della telefonia fissa nel settore business controllano poco più del 20% del mercato essendo il 79,6% ad appannaggio di Telecom.

I corrispettivi chiesti da Telecom per i servizi offerti sono addirittura inferiori agli stessi costi di interconnessione che gli operatori alternativi debbono sostenere. Altro che margini di guadagno: questo non è il mercato. Perciò Tesauro ha aperto un’istruttoria. Ma non basta.

Il punto è che sono state fatte le privatizzazioni senza aver liberalizzato i servizi. Così fino a quando esisteranno le note barriere tecniche (a cominciare dall’affitto del doppino di rame) per l’accesso alla rete, sarà improprio parlare di liberalizzazione nel settore della telefonia fissa. E non a caso la dinamica dei ricavi nel settore della telefonia fissa ha segnato un incremento del solo 2,5% nel 2001 rispetto all’anno precedente la liberalizzazione, il 1996: da 13.200 miliardi di euro a 13.550 miliardi di euro.

A riprova che le cose vanno diversamente quando si creano i mercati, basta mettere a confronto i dati relativi allo stesso periodo e riguardanti la telefonia mobile: i ricavi sono passati da 3.500 miliardi di euro del 1996 a 13.000 miliardi nel 2001. Tanto che il 45% dei ricavi del mercato delle telecomunicazioni deriva dalla telefonia fissa. Insomma, il mercato è un’altra cosa e l’Antitrust ce lo ha ricordato.

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