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I TASSI AMERICANI VERSO IL 4,5%

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(WSI) – BANCHE CENTRALI Paul Kasriel è capoeconomista e vicepresidente della Northern Trust Bank di Chicago. E alla vigilia della riunione della Federal Reserve (prevista per martedì 13 dicembre) ha le idee chiare sul prossimo futuro: «Sarà il penultimo rialzo dei tassi, l’ultimo arriverà nel meeting del 31 gennaio, con l’addio di Alan Greenspan e l’insediamento di Ben Bernanke al vertice della Banca centrale».

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E poi che cosa accadrà?
La Fed fermerà la stretta per un po’ di tempo. Per diversi motivi: innanzitutto l’economia americana, nonostante le apparenze, rallenta. I consumi si stanno indebolendo: ve ne accorgerete col dato sul pil del quarto trimestre. In secondo luogo lo spettro dell’inflazione si sta allontanando: le aspettative sui prezzi sono calate e il mercato del lavoro non contribuisce a riscaldare il carovita. Infine c’è il problema dell’eccessivo appiattimento della curva dei rendimenti, che spesso annuncia la recessione.

Greenspan però ha detto il contrario: che l’appiattimento della curva non lo preoccupa.
Infatti in questo momento le sue preoccupazioni sono altre. In primis come cambiare il comunicato della Fed, già dalla prossima riunione, senza creare scossoni sui mercati.

Questo l’ha confermato la settimana scorsa Janet Yellen, presidente della Fed di San Francisco. Come potrebbe cambiare il comunicato?
Potrebbe essere cancellata la promessa più importante di Greenspan: che la politica monetaria accomodante sarà rimossa a un ritmo misurato. Il che, in parole povere, significa che è stato raggiunto il livello neutrale dei tassi. Almeno fino a quando il dollaro non crollerà nuovamente contro l’euro.

Si tratta di uno scenario plausibile?
Assolutamente sì. Se quest’anno il biglietto verde ha fatto meglio di euro e yen, è semplicemente per il fatto che i tassi nel Vecchio Continente e in Giappone sono ai minimi storici. Ma adesso che la Bce ha iniziato a sua volta la stretta monetaria e l’economia europea ha ripreso a marciare, la musica cambierà nuovamente. E sul dollaro tornerà a pesare l’enorme deficit di bilancio americano. Credo che i nodi verranno al pettine già nel prossimo autunno.

E per Bernanke l’unica possibilità sarà alzare i tassi…
Certo, per attirare nuovi capitali negli Stati Uniti e finanziare il disavanzo. Questo però non gioverà alla congiuntura americana: normalmente, dopo un rialzo simile a quello realizzato dalla Fed, il costo del denaro non cresce ancora, resta fermo per un po’, e poi la banca centrale torna a ridurlo.

Bernanke, però, potrebbe avere un’arma in più: il target d’inflazione.
Non cambierà nulla, la Fed ha una credibilità tale che non ha bisogno di questo strumento. E l’attuale trasparenza della nostra banca centrale è sufficiente. Troppa – come ha sottolineato Greenspan – rischia di indebolirla.

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