A cura di Keith Wade, Chief Economist and Strategist, Schroders
Si è appena concluso un anno ricco di sfide per gli investitori, con l’avvio delle trade war, la ‘mini crisi’ del debito italiano in Europa e diversi Mercati Emergenti colpiti dalla stretta di liquidità sul dollaro e da rischi politici.
Le preoccupazioni sulla crescita e la stretta di liquidità hanno pesato su mercati nel 2018 e sembrano destinate a proseguire nel 2019. Ecco nel dettaglio tre temi chiave che influenzeranno i mercati quest’anno.
1. La liquidità diminuisce mettendo sotto pressione chi è troppo indebitato
Guardando avanti, è probabile che la liquidità globale si riduca ulteriormente, con la conclusione del programma di acquisto di asset della Bce che si affianca al quantitative tightening della Fed. Questi sviluppi implicano che la Bank of Japan sarà l’unica banca centrale a portare avanti attivamente il quantitative easing nel 2019. Le iniziative della People’s Bank of China e della Swiss National Bank sui mercati valutari potrebbero continuare, ma nel complesso il livello di liquidità è destinato a ridursi nel 2019.
La fine del programma di acquisto di asset della Bce sarà un test per i mercati obbligazionari, dato che l’Eurotower ha avuto un forte impatto sui mercati nei quali è stata di gran lunga il maggior acquirente. Ci aspettiamo una pressione al rialzo sui rendimenti; tuttavia, l’impatto potrebbe essere sentito maggiormente dagli emittenti esterni alla regione, che hanno beneficiato del QE perché gli investitori si sono spostati al di fuori dei mercati europei principali. Si tratta dei Paesi periferici dell’Eurozona, alcuni Mercati Emergenti e il credito corporate di qualità inferiore. Le aree più rischiose tendono infatti a soffrire la stretta di liquidità, come si è visto nei Mercati Emergenti nel 2018.
Come commentato da Warren Buffet: “È solo quando la marea si abbassa che si scopre chi stava nuotando nudo”.
2. Il ritorno dei Mercati Emergenti
I Mercati Emergenti potrebbero invece riscattarsi nel 2019. La stretta di liquidità globale e le tensioni commerciali non saranno di aiuto; tuttavia, se la Fed deciderà di sospendere il ciclo di inasprimento a giugno 2019, è probabile che il dollaro ne verrà indebolito. Ciò allevierebbe la pressione su chi si indebita in dollari e sui Mercati Emergenti. Verosimilmente questi mercati stanno già prezzando lo scenario peggiore, dato che sia le azioni che le valute hanno avuto ribassi significativi.
Tuttavia, gli sviluppi macroeconomici saranno importanti e potrebbe servire un altro round di stimolo monetario e fiscale da parte della Cina per incoraggiare gli investitori a tornare nella regione. Ciò contribuirebbe a ridurre il timore di un collasso del commercio globale come quello del 2007-2008. D’altra parte, anche se il commercio Usa-Cina rallenterà, non c’è ragione di aspettarsi una reale contrazione del commercio globale, a meno che non vi sia un’escalation globale della trade war.
3. Le pressioni populiste spingeranno i governi a introdurre stimoli fiscali
Gli Usa hanno sovraperformato in termini di crescita nel 2018 grazie agli stimoli fiscali del Presidente Trump, e gli altri Paesi se ne stanno accorgendo. L’esempio più evidente è la Francia, dove il Presidente Macron ha ceduto alle richieste populiste di tagli alla tassazione. L’Italia ha ottenuto il permesso per un bilancio più espansivo nel 2019. Il Regno Unito sta pianificando un sostegno fiscale nell’eventualità di una hard Brexit, mentre sono attesi ulteriori stimoli in Cina. Il Giappone potrebbe essere un’eccezione, con l’aumento della tassazione al consumo pianificato per ottobre; tuttavia, anche qui si stanno adottando misure per mitigare l’impatto del rialzo dell’IVA e l’aumento della spesa potrebbe superare il gettito extra.
L’aspetto chiave è che per incoraggiare la crescita i governi non stanno più adottando riforme economiche per aumentare la competizione o la flessibilità del mercato del lavoro. Oggi si cerca una soluzione rapida attraverso un taglio delle tasse, una spesa pubblica maggiore o leggi come l’aumento del minimo salariale. Alcune di queste misure sono giustificate, ma i governi non sono più abbastanza forti da resistere alle pressioni populiste verso una soluzione fiscale. Ciò implicherà un maggiore indebitamento pubblico, come già sta accadendo negli Usa.
Che influenza avranno questi temi sull’andamento dei mercati nel 2019?
La stretta di liquidità (Tema 1) è preoccupante, ma riteniamo probabile che i governi provvederanno a compensare gli effetti macroeconomici attraverso le politiche fiscali.
Sul fronte della crescita, le nostre previsioni di base per il 2019 sono leggermente al di sotto del consensus e ci aspettiamo che le tensioni commerciali proseguano: ciò presuppone che i timori sulle attività continueranno.
Tuttavia, i mercati potrebbero aver già prezzato la maggior parte delle cattive notizie, con i rapporti prezzo-utili che si trovano al di sotto delle loro medie rolling a dieci anni. Ciò non garantisce rendimenti positivi nel 2019, ma significa che i mercati sono posizionati meglio per sostenere una delusione e di conseguenza più resilienti agli shock rispetto all’anno passato.