New York – La domanda, ovviamente, è di quelle che economisti e cittadini comuni si sono posti centinaia di volte. Com’è possibile che l’economia degli Stati Uniti continui a resistere alle varie crisi che l’hanno travolta nel corso dei decenni, a fronte di una Europa che sa solo arrancare? Come è soprattutto possibile, se si considera che i debiti sono un grande problema per entrambe le sponde dell’Atlantico?
Gli ultimi numeri provenienti dal fronte macro parlano chiaro: negli Stati Uniti la fiducia dei consumatori viaggia ai massimo in quasi cinque anni, il Pil Usa (l’ultimo dato è quello reso noto ieri) non è ancora vicino al potenziale ma fa impallidire i dati europei. Le varie banche d’affari prevedono poi che, nel caso in cui il Congresso e il presidente Barack Obama riusciranno a evitare il precipizio fiscale, la congiuntura americana crescerà a passo spedito. C’è anche qualcuno che azzarda, per i prossimi anni, un balzo del Pil superiore a +4%.
Insomma, altro che decadenza del potere economico e finanziario degli Stati Uniti. Loro ce la fanno. L’Europa no. Perchè? Beh, è tutta una questione di attitudine, come accade nella vita ordinaria delle persone. Loro, gli americani, non affrontano i problemi rendendoli più complicati, non entrano in percorsi labirintici di misure di austerity da cui è difficile uscire.
Loro, in poche parole, non si fanno del male. Tutt’altro, a dispetto di chi li mette in guardia – e in realtà non sono pochi, continuano testardamente a mantenere le proprie politiche monetarie e fiscali piuttosto espansive. Il risultato dunque è che, più o meno, riescono a sfidare le crisi.
I critici sentenziano: queste politiche economiche non funzioneranno nel lungo termine, anzi, presto per l’America arriverà un conto salato da pagare, sotto forma di aumento del deficit e del debito (che già si sta verificando da anni). Eppure i mercati questo scenario non sembrano scontarlo affatto, visto che i tassi sui titoli di stato Usa rimangono incredibilmente bassi.
Sono i mercati a sbagliare? La risposta è no, stando almeno al grafico allegato, formulato dal team della divisione di ricerca sul reddito fisso di Deutsche Bank, e che ha il titolo “A Journey into the Unknown”, ovvero un Viaggio verso l’Ignoto.
Il grafico mostra il cambiamento nei debiti complessivi – e per complessivi si intende non sono quelli governativi, ma anche finanziari, aziendali e delle famiglie – in relazione al Pil a partire dal 2007, facendo un paragone anche rispetto al 2010 e ai massimi precedentemente testati. A essere presi in esame sono i paesi avanzati. Quanto appare prima di tutto è che mentre la maggior parte dei paesi ha assistito a un aumento dei debiti in toto, gli Stati Uniti visto il rapporto debito/pil stabilizzarsi.
Non solo: il governo americano, nell’accollarsi quantità sostanziali di debito, ha permesso ai consumatori e alle aziende di ridurlo.
Il secondo grafico spiega cosa è esattamente accaduto: di fatto, il settore privato americano ha assistito a un rapido deleveraging dal 2008 a partire dal 2008, il che significa che ha fatto passi avanti notevoli in quei processi di disinvestimento volti a ridurre la leva finanziaria, ergo i debiti. [ARTICLEIMAGE]
E tutto questo è avvenuto mentre invece l’Europa ha insistito sull’efficacia delle misure di austerity, sulla necessità di ingoiare una pillola amara, sulla solita solfa del fare sacrifici in attesa di tempi migliori. Certo, la crescita degli Stati Uniti è ancora anemica. E prima poi il paese dovrà pagare il prezzo dei prestiti che si sta accollando.
Ma intanto, i mercati non si stanno accanendo contro l’America. E almeno ora il motivo lo conosciamo. E non è un motivo di poco conto, visto che sono stati proprio l’accanimento dei mercati e i movimenti speculativi a gettare l’Europa nel caos totale. Peccato che i governi abbiano poi pensato a metterla ancora più in ginocchio.
Per contattare l’autore di questo articolo: lauranaka@wallstreetitalia.com