Senza dubbio lo champagne è sinonimo di lusso oltre che essere un tratto distintivo nelle celebrazioni di ogni tipo e ad ogni latitudine. Purtroppo, però, il cambiamento climatico sta impattando duramente anche sui vitigni e la storica regione francese dello champagne potrebbe diventare inadatta alla sua produzione.
Il clima è destinato a condizionare direttamente sull’economia. Un impatto che potrebbe essere molto doloroso in termini economici. Basti pensare che nel 2022 dalle terre dello champagne sono state spedite qualcosa come 325 milioni di bottiglie e si è arrivati a superare, per la prima volta, i 6 miliardi di euro di vendite. Questi sono i numeri dell’associazione di categoria: Comité Champagne. I principali mercati nei quali viene venduto lo champagne sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Giappone. L’Italia, in termini di valore, si aggiudica il quarto posto
Champagne: per il 2023 è necessario essere prudenti
Se i numeri per il 2022 sono da record, per il 2023 è meglio avere una prospettiva più prudente. Questo è quanto viene suggerito da Comité Champagne, anche se i coltivatori e le principali di produzione continuano a rimanere fiduciose nella salute di base della loro attività.
Quello che mette in dubbio il futuro dello champagne, però, è il clima. I produttori dovranno necessariamente adattarsi per sopravvivere, ma soprattutto il sapore potrebbe cambiare nel corso del tempo.
Stando ad un recente rapporto di S&P Global Sustainable l’esposizione al rischio fisico della regione nella quale si produce lo champagne è destinata a triplicare entro il 2050 a causa della siccità, che porrà dei seri problemi ai vigneti.
Il rischio siccità nella zona dello champagne – in una scala da 1 a 100 dove 100 rappresenta la massima esposizione al rischio – aumenterà per la zona dall’attuale livello 16 a 43 entro il 2050. Entro il 2090 potrebbe raddoppiare ad 88, nel caso in cui non dovessero essere apportate delle modifiche alle attuali politiche climatiche.
Siccità: non è l’unico problema della zona
La produzione dello champagne non sarà ostacolata unicamente dalla siccità. Il clima inizia ad essere sempre più irregolare, con incendi, inondazioni e gelate che diventano sempre più frequenti.
L’uva può continuare a crescere in un clima che cambia, ma le diverse condizioni climatiche ne possono alterare lo sviluppo e causare dei danni. I marchi internazionali sono consapevoli dell’enorme impatto che il cambiamento climatico può avere sulle loro attività.
Riconosciamo gli effetti del cambiamento climatico su tutti i terroir di Moët Henessy, e in misura diversa -ha dichiarato Sandrine Sommer, Chief Sustainability Officer della divisione Wine and Spirits di LVMH, Moët Hennessy -. Più che mai, stiamo lavorando per adattarci.
Lo champagne in Italia
Italia terra di vini e spumanti, ma non disprezza lo champagne. Nel 2022 è stato registrato il record storico sia per il volume delle vendite che per il loro valore. Complessivamente sono arrivate nel nostro paese qualcosa come 10,6 milioni di bottiglie, mentre il giro d’affari si è attestato a 247,9 milioni di euro.
L’Italia è al quinto posto tra i mercati di export dello champagne, con i volumi di vendita che sono stati in crescita rispetto al 2021 dell’11,5%. Il nostro paese, invece, è al quarto porto a valore, con una crescita del 19% rispetto al 2022.
Questi dati emergono dal report del Comité Champagne, da cui si evince anche che gli italiani si distinguono anche per la particolare domanda di bottiglie di pregio. I millesimati, vini ottenuti da uve di una sola vendemmia, e le cuvée speciali, che costituiscono il top di gamma di ogni produttore, rappresentano da soli quasi il 23% delle importazioni a valore.