Roma – Con la fiorente industria interna che vantiamo, il mestatore d’importazione era forse un figura non così indispensabile. Lo si dice col riguardo e il rimpianto per un uomo retto come Mirko Tremaglia, che non c’è più e spese l’esistenza ad estendere il diritto di voto agli italiani all’estero. Con risultati immediatamente apprezzabili: il centrodestra si presentò diviso in varie liste, era il 2006, e il centrosinistra si accattò tutti i senatori senza i quali Romano Prodi non avrebbe mai avuto la maggioranza a Palazzo Madama, per quanto effimera.
Era soltanto l’inizio e la fine, per ora, porta il nome di Esteban Juan «El obispo» (il vescovo) «Monjie nigro» (monaco nero) Caselli, per gli amici semplicemente «Cacho», e per i detrattori il «Charrapico argentino». Settant’anni fra un mese, Caselli è un senatore del Pdl, partito nel quale riscuote una stima che emerge con prepotenza nella seguente conversazione intercettata fra Silvio Berlusconi e Valter Lavitola. Valterino parla di uno eletto a Buenos Aires di cui cerca di ricordare il nome. Berlusconi: «Quello là è pericoloso… Esteban Caselli». Lavitola: «Bravo… Esteban Caselli…». B: «Pericolosissimo». L: «Lui è uno che…». B: «Alla larga…».
C’è una meravigliosa foto di Esteban Caselli insieme con Sergio De Gregorio (fondatore del movimento Italiani nel mondo dentro il Pdl, ha schivato gli arresti domiciliari per voto favorevole del Senato), con Nicola Di Girolamo (pure del Pdl, in quota An, falsificò i documenti per risultare residente all’estero, condannato in via definitiva per riciclaggio del denaro della ‘ndrangheta), con Basilio Giordano (di Philadelphia, eletto in America, è il secondo più ricco del Parlamento dopo Berlusconi) e con Amato Berardi (pure eletto in America); questi ultimi due non hanno indagini a carico, il che toglie un po’ di fascino all’istantanea, in cui i cinque avanzano uno a fianco all’altro, e pare la locandina di un serial su un ramo minore dei Sopranos.
Per tornare a Caselli, la sua biografia è davvero hollywoodiana: coinvolto in inchieste su traffico d’armi, uomo di Carlos Menem, amico dei militari argentini, Gentiluomo di Sua Santità per volere di Giovanni Paolo II (che da morto gli è apparso in sogno esortandolo a candidarsi per le presidenziali argentine), ambasciatore presso la Santa Sede, a seguire tutto l’armamentario delle dicerie: massone, fascista, faccendiere di livello planetario. Eppure esordì come contabile in un’azienda agricola della Pampa, unica attività che gli si attribuirebbe sentendolo parlare, le rare volte, nell’aula del Senato. Trascrizione fedele di un intervento del 2010: «Caro presidente, cari colleghi, prima di inisiare le mie parole vorrei quarire che non intervengo como senadore…».
Il capostipite di questa allegra combriccola è senz’altro Luigi Pallaro, 86 anni, senatore e frontman nella legislatura 2006-2008. Argentino come Caselli, Pallaro fu eletto in una lista collegata a nessun polo, e approdò a Roma con un programma marmoreo: «Starò in maggioranza, qualunque essa sia». Ma il giorno in cui Prodi cadde, Pallaro era rimasto a casa, al di là dell’oceano, e si è sempre sospettato che ci avesse messo le grinfie Berlusconi. Un po’ come con Antonio Razzi, altro furetto d’oltre frontiera. A scoprirlo in Svizzera fu Antonio Di Pietro.
Razzi era un emigrante che arrivò a presiedere il Centro regionale abruzzese di Lucerna, almeno sinché gli affiliati non lo accusarono di essersi intascato i fondi. Sulla sua innocenza scommise Di Pietro, e però Razzi se ne andò dall’Italia dei Valori insieme con Mimmo Scilipoti ad appoggiare il governo Berlusconi il famoso 14 dicembre 2010, giorno in cui Gianfranco Fini fallì l’agguato. Razzi già nei giorni precedenti aveva dettagliato sui termini d’intesa: «Si è parlato anche di pagarmi il mutuo e darmi un posto nel governo, ma la proposta più concreta è stata la rielezione sicura».
E vedremo se la promessa sarà mantenuta. Molto probabilmente sarà mantenuta la legge elettorale, il Porcellum che ci ha regalato anche questi calibro di oriundi, e per cui presto rivedremo le estrose scene di montagne di schede elettorali per l’estero abbandonate in qualche capannone, o moltiplicatesi in qualche consolato, ad alimentare le prossime denunce sui brogli. Perché voi lo avete trascurato, ma all’estero si vota prima, e cioè si vota presto: oggi Esteban Juan Cacho el Obipso Monjie Nigro Charrapico Caselli è in Argentina a farsi la campagna elettorale.
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