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Il fallimento di Silicon Valley Bank dimostra l’importanza dei controlli

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di Giovanni Falcone, esperto antiriciclaggio & governance d’impresa

Non c’é giornale che non ne parli, non c’é commentatore che non spieghi a suo modo la possibile causa del fallimento di Silicon Valley Bank e, dal 10 marzo scorso non si parla d’altro, tutti a cimentarsi sulle cause del fallimento della banca delle sturtup tecnologiche e sui possibili e temuti effetti contagio su scala planetaria.

Stiamo parlando della banca delle idee, della fantasia e dello sviluppo della nostra società, della nostra vita. Mio padre, di fronte ai disastri od anche davanti a qualcuno che se ne andava era solito ripetere: “La mort vole la scus” che tradotto significa che “La morte vuole un motivo, una causa, una scusa per morire”.

Una corrente di pensiero attribuisce il fallimento della Silicon Valley Bank ad una fantomatica deregolamentazione dell’era Trump negli Stati Uniti d’America, come se le regole siano sufficienti ad evitarle (Italia docet, dove le regole ci sono, magari scritte male ma ci sono e sappiamo quello che è successo con le banche).

Il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana Antonio Patuelli è intervenuto per dire la sua precisando che le banche saltano in aria per due motivi: carenze di liquidità o problemi di solidità patrimoniale. “Questa banca era stata esonerata da rispettare i requisiti di liquidità, ma la deregolamentazione negli Stati Uniti viene da lontano: è stata una delle cause prima della crisi dei subprime poi del grande crac di Lehman Brothers e ora di Silicon Valley Bank”, ha continuato Patuelli.

L’importanza dei controlli

Nel 2015, in Italia, per capirci qualcosa, si è dovuto ricorrere a controlli speciali dei bilanci, attraverso appositi stress test del sistema creditizio europeo e nazionale disposti dalla Banca Centrale Europea, attraverso i quali si è messo a nudo la solidità patrimoniale di molti istituti di credito. In pratica, molti crediti allegri concessi senza garanzie, sono andati ad arricchire la montagna sofferenze, determinando nel breve tempo il fallimento di molte banche e la disperazione di migliaia di risparmiatori che, oltre all’assenza di cedole (interessi), persero anche il capitale investito.

A questo punto, senza fidarsi di ciò che é scritto sui bilanci di esercizio, forse anche in California o in tutti gli Stati Uniti sarebbe servito uno stress test analogo, per capire prima e meglio lo stato dell’arte.

Abbiamo potuto constatare infatti che, periodicamente o comunque prima possibile, talune verifiche speciali, approfondite, con controlli incrociati e riscontri mirati servono per prevenire o contenere disastri che prima o poi arrivano.

Questo succede perché molto spesso – ogni mondo è Paese – ci sono speculazioni da più parti: gli amministratori che si assegnano compensi lunari e i soci che si aspettano lauti dividendi, spesso anche gonfiati.

Insomma per concludere, possiamo dire che fino a quando c’é qualcuno che specula sulla disgrazia altrui – in genere la parte debole cioè il risparmiatore che ha avuto il solo torto di fidarsi – senza il controllo adeguato di un soggetto terzo, fallimenti della specie sono sempre possibili, forse molto probabili e addirittura certi: basta aspettare!