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Il fallimento di Silicon Valley Bank? Per Dalio e Fink è colpa del QE

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I nodi, in un modo o nell’altro, prima o poi vengono al pettine. E così può definirsi il fallimento della SVB (Silicon Valley Bank) che, secondo i due guru della finanza Ray Dalio e Larry Fink, altro non è che il risultato di un effetto domino generato dagli aggressivi rialzi dei tassi da parte delle banche centrali, che hanno innescato un ciclo di contrazione del debito che si autoalimenta. Dalio, co-fondatore del gigante degli hedge fund Bridgewater Associates, in un post su Linkedin ha così commentato la vicenda:

“Ritengo sia un evento molto comune durante la tipica fase di esplosione di bolle nel ciclo del debito a breve termine (che più o meno dura dai sette ai tre anni) in cui le strette monetarie, per ridurre la crescita di credito e inflazione, portano a una compressione autoalimentante del debito-credito attraverso un domino di contagi, che finisce solo nel momento in cui le banche centrali invertono la rotta, ricominciando a generare denaro facile e nuovi debiti e crediti, che pianteranno i semi per la prossima grande crisi del debito. Questa spirale tossica continuerà fino a quando questi cicli a breve termine, che accumulano debiti attivi e passivi, non diventeranno insostenibili, causando il crollo del sistema e ristrutturazioni e monetizzazioni del debito (che in genere si verifica più o meno una volta ogni 75 anni-25 anni). Se nei vari cicli i settori in cui si forma la bolla sono diversi (ad esempio nel 2008 era il settore immobiliare residenziale mentre oggi sono il venture capital e il private equity), la dinamica di contrazione che si auto-rinforza è la stessa. Se è corretto che gli avvenimenti odierni ricalcano questa dinamica, questo fallimento bancario è il primo avvertimento del “canarino nella miniera di carbone”, cioè il primo segnale che l’ambiente è ormai intossicato e che questo crack avrà effetti a catena nel mondo del venture capital e oltre”.

Dalio dunque non ha dubbi: le politiche forse troppo a lungo espansive delle banche centrali degli ultimi anni hanno distorto irrimediabilmente il sistema finanziario. Il guru americano ha precisato:

“Le aziende hanno emesso debito senza preoccuparsi degli effetti a lungo termine di eventuali rialzi dei tassi. L’enorme quantità prodotta di attività e passività del debito degli Stati Uniti, senza considerare quella che verrà creata in futuro, alimentano, in una spirale crescente, il rischio che l’offerta di debito pubblico sia molto maggiore rispetto alla domanda, portando a tassi di interesse reali troppo alti per i mercati e l’economia, che a loro volta costringeranno le banche centrali a riportare i tassi non a un livello di equilibrio ma a nuovi drastici tagli che accumuleranno esponenzialmente e sistematicamente nuove distorsioni”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è Larry Fink, co-fondatore e presidente del colosso finanziario BlackRock, che nella sua lettera annuale agli investitori ha affermato:

“Paghiamo il prezzo del denaro facile. Il caso della Silicon Valley Bank ha rappresentato un classico disallineamento tra attività e passività. E non è ancora chiaro se si sia trattato di un evento unico o ci sarà il classico effetto domino. Quel che è certo è che anni di tassi a zero hanno avuto l’effetto di spingere alcuni proprietari di asset ad aumentare i loro impegni in investimenti illiquidi, scambiando liquidità economica per rendimenti più elevati. C’è ora il rischio di una discrepanza di liquidità per questi proprietari di asset, in particolare quelli con portafogli con leva finanziaria”.

Silicon Valley Bank: il primo tassello di un domino inevitabile di crolli

Ma come funziona il meccanismo illustrato da Dalio? È lui stesso a spiegarlo nel post su LinkedIn:

“Poiché i debiti di una persona sono beni di un’altra persona e la maggior parte della gente è indebitata a lungo termine (cioè detiene beni finanziati dal debito), quando i tassi di interesse aumentano e si ritira la liquidità, diminuisce il valore dei beni, danneggiando debitori, creditori, proprietari di beni e intermediari finanziari, provocando una contrazione e un contagio che si autoalimentano perché, quando c’è bisogno di denaro, altri beni vengono venduti e altri creditori rimangono scottati, portandoli a ridurre i prestiti. Particolarmente colpiti sono gli intermediari finanziari, soprattutto le banche, che sono i più indebitati a lungo, fino al momento in cui la bolla speculativa inizia a scoppiare. È un classico che, uscendo da un lungo periodo di tassi di interesse reali molto bassi e credito abbondante, ci sia un’enorme quantità di attività a lungo termine, detenute con leva finanziaria, che crollano a causa di tassi di interesse più elevati e denaro più raro. Questo meccanismo sta generando la classica dinamica di domino di crolli, siamo solo all’inizio. Durerà almeno finché la crisi non minaccerà la stabilità del sistema finanziario globale, costringendo le banche centrali a intervenire nuovamente come garante di ultima istanza con l’allentamento di politiche monetarie e condizioni del credito. La variabile chiave saranno le tempistiche di intervento. La storia insegna che un allentamento prematuro non servirebbe ad interrompere la spirale tossica”.