Sono passati quasi 13 anni da quando il Portogallo, in piena crisi economica, decise di chiedere aiuto all’Unione Europea e al Fondo monetario. Era l’aprile del 2011 e le parole del primo ministro ad interim Jose Socrates, dimissionario dopo che il Parlamento aveva respinto il piano di austerity preparato dal governo, sono ancora ben stampate nella mente dei cittadini portoghesi: “Ho tentato di tutto, ma onestamente abbiamo raggiunto un punto in cui non prendere questa decisione comporterebbe dei rischi che il paese non dovrebbe assumersi“.
12 anni e qualche mese più tardi, e dopo una serie di importanti riforme economiche e fiscali, la situazione in Portogallo è drasticamente cambiata. Nel corso del fine settimana che si è appena concluso, infatti, è arrivato il nuovo rating di Moody’s per il Paese, ben superiore alle aspettative: l’agenzia di rating ha doppiamente promosso il Portogallo, portandolo da Baa2+ (rischio d’insolvenza medio a lungo termine) ad A3 (Qualità superiore alla media e rischio d’insolvenza basso sul lungo periodo).
Il doppio balzo in avanti del Portogallo è stato ben spiegato dalla stessa Moody’s: la sostenibilità del debito nel medio termine è aumentata grazie a “una serie di riforme economiche e fiscali, dalla riduzione dell’indebitamento del settore privato e dal continuo rafforzamento del sistema bancario” e sostenuta “da significativi investimenti pubblici e privati e dall’implementazione di ulteriori riforme strutturali, entrambi legati al Pnrr”.
Sempre secondo l’autorevole agenzia di rating che nella stessa occasione ha confermato il rating Baa3 per l’Italia, il Portogallo potrebbe avere davanti a sé “una crescita robusta e bilanci sostanzialmente in pareggio”, anche se in queste ultime settimane è arrivata un po’ di incertezza a livello politico che, in futuro, potrebbe portare a qualche cambiamento non necessariamente positivo.
Il Portogallo, infatti, dovrà tornare al voto nei primi mesi del 2024 dopo le dimissioni a sorpresa del primo ministro António Costa, rieletto nel 2022, dopo il suo presunto coinvolgimento in un’inchiesta sulla corruzione legata ad alcuni progetti per la transizione verde e digitale nel Paese. Costa aveva fin da subito proclamato la propria innocenza, ma rivolgendosi ai cittadini portoghesi aveva affermato di non poter rimanere al proprio posto viste le pesanti accuse.
Di fronte alle dimissioni di António Costa, il presidente del Portogallo Marcelo Rebelo de Sousa aveva deciso di sciogliere il Parlamento e chiamare gli elettori alle urne all’inizio del prossimo anno. Pochi giorni dopo, però, era arrivato il colpo di scena: il nome di António Costa, comparso nella trascrizione di un’intercettazione agli atti dell’inchiesta, non era quello del primo ministro portoghese, ma quello del ministro dell’Economia, António Costa Silva.
L’ammissione dell’errore nella trascrizione è arrivata il 12 novembre scorso da parte della Procura della Repubblica, ma il danno era già stato fatto e ora milioni di cittadini portoghesi dovranno tornare al voto il prossimo anno, quasi certamente il 10 marzo. Da qui, in definitiva, i “recenti segnali di rischi politici” paventati da Moody’s.