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Il modello sociale scandinavo non è più sostenibile

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STOCCOLMA (WSI) – È un paese che conta solo 10 milioni di cittadini, ma che ha prodotto Ikea, Volvo, Electrolux, Spotify. La cultura aziendale svedese ha creato tante storie di successo, ma ora la disoccupazione sta salendo con la crisi che minaccia le esportazioni mentre la popolazione invecchia.

A Stoccolma le società pensano in grande anche se sono sempre partite con un piano pensanto su livello nazionale, per poi espandersi su scala globale. È facile trovare finanziamenti e c’è una certa flessibilità.

L’export industriale e l’high-tech d’eccellenza producono la metà del Pil. Inoltre il modello sociale svedese è rinomato in tutto il mondo per garantire benessere per tutti e combattere le ingiustizie sociali.

La Svezia si trova davanti a una serie di problemi molto grandi da risolvere, tuttavia. L’invecchiamento della popolazione e l’integrazione con i tanti migranti che arrivano ogni anno, per esempio, rischiano di compromettere la crescita e la qualità della vita.

“Abbiamo molti fondi, ma oltre 110mila dei 900 mila abitanti di Stoccolma sono over 65, trend in aumento”, spiega a La Repubblica Carl Smitterberg, che si occupa di anziani e disabili ai quali porta a casa gli allarmi da polso collegati alla centrale di soccorso.

La questione dell’integrazione è molto sentita da chi lavora per Almega, società attiva in iniziative per favorire la vita ai migranti. “Dobbiamo far di più per loro o i populisti cresceranno”, dice al quotidiano italiano Li Jansson.

Il modello nordico, perché l’impianto svedese improntato al sociale si ritrova anche in Danimarca, “deve cambiare per restare sostenibile, organizzarsi meglio, creare, produrre, integrare di più e dare più lavoro, altrimenti i populisti diverranno una sfida davvero pericolosa”, racconta al giornalista Andrea Tarquini Kristina Persson, ministro del Futuro del governo di sinistra.

È lei che è incaricata di riprogettare la struttura sociale ed economica, rendendo sostenibile il sistema utopico scandinavo, che rischia di tramutarsi in un paradiso perduto, come avverte lo scrittore critico danese Jussi Adler-Olsen, secondo cui il sistema sta cambiando, diventando “meno solidale e meno liberal”.

(DaC)