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IL MONDO CHE NON SALVA I RAGAZZINI

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(WSI) – Il nostro mondo non salva i ragazzini. Da tempo il separatismo ceceno è diventato islamismo wahabi, una tigre che divora la preda, a Mosca come a Beslan. Loro sanno perché lo fanno. Hanno un dio dalla loro parte, e lo invocano in battaglia contro la nostra divinizzazione della vita serena e pacifica, laica e solidale, e non fanno differenza tra le Torri, gli autobus di Beersheba, le teste di ebrei e cristiani, la discoteca di Bali, la stazione di Madrid-Atocha, il primo giorno di scuola in un villaggio dell’Ossezia.

Noi facciamo il safari post coloniale dei secolarizzati, scattiamo le foto e mandiamo in onda le dirette, piangiamo le vittime innocenti. Poi l’occidente europeo continentale, che in nessun senso è innocente, si immerge nella sua normalità indolente, e chiacchiera.

Meglio le truppe o la diplomazia? Meglio comunicare uniti ai terroristi islamici che non prevarranno o procacciarsi un comunicato dagli amici di Hamas nella strategia del si-salvi-chi-può? Meglio l’Onu o l’unilateralismo? Meglio prevenire o aspettare e vedere? Meglio Bush o Michael Moore?

Molta gente in buona fede – e che ambiguo stato del cuore sia la buona fede dovremmo averlo imparato nel corso di tutto il Novecento – sostiene che per salvare i ragazzini bisogna curare la disperazione e la povertà. Le piaghe del mondo urlano contro i ricchi, e anche i ricchi piangono.

Secondo il presidente degli Stati Uniti, invece, il giovane secolo in cui ci siamo introdotti pieni del suo terrore deve essere il secolo della libertà. Perché c’è un nemico, va conosciuto e riconosciuto, snidato e combattuto pagando il prezzo necessario per difendere libertà e vita dell’occidente, metafora per il mondo se il mondo deve essere salvato anche in nome dei ragazzini.

L’America, con l’Inghilterra di Blair e un pugno di nazioni volenterose, va nella giusta direzione, e compie molti errori. Fallujah e Samarra sono ancora nelle mani delle bande sunnite. I sauditi, i mullah iraniani, gli alauiti di Siria sono tutti al loro posto, e Israele è isolato nella sua autodifesa.

I profeti della pace non compiono alcun errore, perché il dialogo è un metodo senza sostanza, ma vanno nella direzione del disonore politico, e in ultima analisi di quella particolare forma di suicidio che è l’eutanasia, non la soluzione pratica ma l’ideologia che tra il dolore e la morte sceglie con baldanza razionalista la morte. I ragazzini olandesi ne sanno già qualcosa, ne sapranno di più in futuro. Come quelli di Beslan.

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