NEW YORK (WSI) – L’introduzione di un reddito di base per tutti sarebbe un intervento che aumenterebbe il potere negoziale dei lavoratori, aumentando i salari e riducendo le ineguaglianze – gonfiatesi con lo scoppio della crisi finanziaria, in particolare nel mondo Occidentale – senza recare danni all’economia.
È la tesi espressa da un po’ di tempo da Paul Krugman. Gli Stati Uniti, il paese del ‘case study’ del premio Nobel per l’Economia, sono uno degli Stati con il maggiore gap tra ricchi e poveri. Un reddito fisso per tutti i maggiorenni probabilmente funzionerebbe altrettanto bene anche in Italia, ma secondo i calcoli de La Voce solo un reddito minimo da assegnare a poveri e persone senza un lavoro costerebbe almeno 19 miliardi di euro allo Stato.
Secondo Forbes un reddito di base universale è “il miglior modo per rafforzare il potere di negoziazione dei lavoratori in materia salariale”. I datori di lavoro dovrebbero pagare stipendi sensibilmente più alti per convincere nuovo personale a lavorare per loro.
La rivista di economia e finanza parla di un livello ideale di partenza di $10 mila l’anno negli Stati Uniti per ogni maggiorenne povero o rimasto senza un lavoro.
Inoltre, dice l’opinionista Tim Worstall, “non guasta che un progetto di questo tipo porterebbe al licenziamento di alcuni milioni di burocrati” che al momento amministrano i numerosi programmi americani di ‘welfare state’.
Krugman vede il reddito di base universale come un mezzo tramite il quale ridistribuire le ricchezze e alimentare la domanda del mercato del lavoro.
Dopo lo scoppio della crisi finanziaria in Italia la povertà è diventata la condizione di molte famiglie che prima facevano parte della cosiddetta classe media. Secondo uno studio pubblicato un anno fa dall’Inps, 14,3 milioni di persone il 23,8% della popolazione erano in condizioni di povertà nel 2012.
La percentuale è aumentata in particolare nelle regioni industriali del Nord, non a caso dove la maggior parte dei posti di lavoro sono stati persi negli ultimi anni. Nonostante l’uscita da una fase di recessione lunga tre anni, il tasso di disoccupazione è ancora ai livelli record del 13%.
La situazione drammatica del mondo del lavoro sta colpendo una società in cui chi ha ancora un posto di lavoro ha dovuto subire una progressiva perdita del potere di acquisto negli anni scorsi. Secondo le ultime stime il costo di vita in Italia prosciuga il 72% del reddito medio. La media europea è del 50,1%.
In Italia ci sarebbe insomma bisogno di un piano Krugman, ma visti i costi molti elevati di un reddito universale, bisognerebbe lavorare sodo per trovare le risorse e si dovrà aspettare tempi di crescita economica migliori.
Fonte: Forbes
(DaC)