Advisory

Private markets, il potere delle parole

Molti aspetti comportamentali che riguardano il settore immobiliare possono essere estesi ai private markets

Qualche mese fa un amico mi ha chiesto di intervenire a un evento per parlare degli aspetti comportamentali che riguardano i private market. Mi ha chiesto in particolare di scardinare un pregiudizio: “digli che non è vero che siano poco volatili!”. L’amico è il direttore commerciale di un’importante realtà che opera a livello internazionale sulla gestione degli investimenti immobiliari. Occupandomi di finanza comportamentale da più di vent’anni, ormai analizzo ogni cosa anche con la “lente comportamentale”, come mi piace chiamarla. È come avere un paio di occhiali aggiuntivi con i quali guardo la realtà. In passato avevo approfondito il cosiddetto approccio Behavioral Real Estate, scoprendo molti aspetti comportamentali che riguardano il settore immobiliare. Alcuni possono essere estesi ai private markets, per esempio l’errata percezione della rischiosità di questi investimenti.

Non sto dicendo che i “mercati privati” siano più rischiosi di quelli “pubblici”, ma che occorre conoscerli per capirli. Lascio il compito di spiegarli a chi più preparato di me sul tema. Mi limito a un’osservazione. Quando insegno il funzionamento dei mercati azionari, devo fare attenzione quando parlo di “public markets”. Devo chiarire che il termine “pubblico” non si riferisce al settore pubblico, perché sui mercati finanziari sono quotate soprattutto aziende private, ma al fatto che i loro strumenti finanziari sono disponibili per lo scambio al “pubblico” degli investitori. Per contrasto, i mercati “privati” fanno riferimento a ciò che avviene al di fuori dei mercati “pubblici”. Questa premessa mi ha fatto sprecare buona parte dello spazio a mia disposizione perché voglio parlare di altro. Certo, c’entra, ma di altro voglio parlare. Voglio parlare di come percepiamo le informazioni e del ruolo della “Informazione”, quella con la “I” maiuscola.

Qualche giorno, leggendo la prima pagina di un importante quotidiano finanziario italiano – si cita il peccato, non il peccatore! – sono rimasto perplesso. Titolava “Borse in caduta, Milano cede il 2,18%”. Sì, lo so, ho svelato il colpevole. Non me ne voglia il giornalista, tra l’altro un amico, che ha scritto l’articolo. “Ci sta, fa il suo lavoro”, ho pensato. Lo sappiamo tutti, le notizie negative vendono più di quelle buone e la testata deve vendere più copie. Ci sta… o forse no? Non ce l’ho con il giornalista, semmai gli hanno imposto il titolo, semmai non ci ha pensato, semmai… ma “forse anche no”.

Il ruolo dei media e dei giornalisti.

Che ruolo hanno i media? Che ruolo dovrebbero avere? I media, non solo i giornali, forse soprattutto i social media, hanno un ruolo fondamentale. Se però è uno dei principali quotidiani finanziari diventa un tema, perché le persone ci fanno affidamento e possono esserne influenzate. Perché non si scrive ogni giorno quando il mercato va bene? Beh, non fa notizia. A volte lo si fa citando quanto sta facendo da inizio anno e il mercato azionario italiano, come molti altri, stanno facendo molto bene. Qualche flessione giornaliera è fisiologica. Non sto affermando che il mercato continuerà a crescere, certamente siamo ad alti livelli di prezzi. Non so se continueranno ad aumentare o se ci sarà una flessione o addirittura un crollo. Faccio un altro mestiere, non faccio l’astrologo. Ma una cosa la so: le parole sono importanti! Quello che comunichiamo e come lo comunichiamo è importante, soprattutto se abbiamo un ruolo di riferimento per le persone.

Uno dei motivi per cui alcune aziende, dopo essersi quotate sul mercato ed essere diventate “pubbliche”, decidono di tornare “private”, quindi di essere delistate, è anche questo, per non essere più vittima di informazioni distorte che possono avere ricadute anche molto negative sul loro andamento. Questo, infatti, non dipende solo dall’andamento dell’azienda o del settore di appartenenza, quando si è quotati sul mercato si è in balia di quello che accade sul mercato e dunque, anche, della psicologia delle masse. Da questo punto di vista i mercati privati si distinguono da quelli pubblici e possono rappresentare investimenti interessanti e utili anche perché in parte decorrelati dall’andamento del mercato.

Ciò non significa che non siano rischiosi. Mi ripeto, è fondamentale comunicare al meglio quello che vogliamo trasmettere, nei limiti delle nostre capacità e possibilità, ma sempre in maniera etica e responsabile e il più neutrale possibile o il meno distorta possibile. Amen.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di luglio del mensile Wall Street Italia. Per abbonarti  clicca qui