Dopo la controversa scelta del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che aveva notificato alla Commissione Ue che il voto del parlamento italiano non sarebbe servito, la Commissione europea ha deciso che il Ceta, il trattato commerciale fra Ue e Canada, dovrà passare comunque dalle assemblee nazionali di tutti i 28 stati membri.
Non sarà sufficiente, dunque, l’ok del Parlamento e del Consiglio europeo.
La ragione: l’accordo col Canada è stato considerato di tipo “misto”, in quanto contiene provvedimenti che esulano dalle competenze esclusive dell’Unione Europea. O almeno, formalmente la ragione è questa, ma è facile immaginare che la Commissione Ue abbia optato per l’inclusione dei parlamenti nazionali allo scopo contenere le pressioni di politica interna, alle prese con un crescente euroscetticismo.
Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, infatti ha dichiarato che la decisione è stata presa dopo le “considerazioni legali e avere ascoltato i punti di vista dei capi di Stato e di governo e dei parlamenti nazionali”. Lecito dunque interrogarsi se questa scelta possa essere applicata anche all’altro più importante trattato commerciale, il Ttip, in fase di negoziato con gli Stati Uniti.
Se così fosse, basterebbe il voto contrario di un singolo parlamento nazionale per affossarlo in blocco. Per questo il precedente segnato col Ceta rischia di avere conseguenze molto ampie.
Il ministro Calenda, contrario al voto del parlamento italiano sul Ceta, non ha accolto con favore la virata della Commissione Ue: “La decisione di portare in approvazione l’accordo con il Canada come accordo misto e pertanto sottoporlo alla ratifica di circa 38 assemblee parlamentari degli Stati membri rappresenta un ulteriore danno alla costruzione europea. Ora il processo di ratifica dell’accordo potrà prendere anni e basterà il voto negativo di una assemblea nazionale per farlo cadere. C’è da domandarsi come l’Europa potrà ancora essere considerata un partner negoziale credibile”.
In via provvisoria il Ceta potrà entrare in vigore in seguito ai voti favorevoli del Parlamento e del Consiglio europeo, in attesa delle ratifiche su scala nazionale.