Il prossimo QE verrà dalla Svizzera? L’idea dello stato che darà uno stipendio a tutti
NEW YORK (WSI) – Il prossimo QE? Arriverà dalla Svizzera, ironizza la stampa americana, facendo riferimento alle indiscrezioni che stanno circolando sui mercati. Stando ai rumor, nella primavera del 2015 il governo inizierà a discutere infatti una proposta che vuole portare lo stato elvetico a pagare a ogni cittadino uno stipendio fisso.
Un salario per vivere, un “living wage”, come è denominato nel mondo anglosassone. E’ almeno da un anno che l’idea si è insinuata nel paese. Se il piano diventasse operativo, ogni cittadino svizzero riceverebbe uno stipendio fisso del valore di 2.500 franchi svizzeri, l’equivalente di $2.600. Ciò significa che ogni nucleo familiare composto da due adulti, potrebbe contare su un reddito annuo di $62.400, senza dover lavorare, e senza rispettare particolari condizioni.
Sebbene il costo della vita in Svizzera sia molto più alto rispetto a quello degli Stati Uniti e al resto dell’Europa – basti pensare che un Big Mac qui costa $6,72 – sicuramente la somma erogata a favore dei cittadini farebbe una bella differenza, garantendo una vita dignitosa.
I benefit sono ovvi: l’applicazione di una tale politica eliminerebbe la povertà e, sostituendo i programmi governativi attuali, ridurrebbe anche la burocrazia. La forza lavoro meno qualificata avrebbe un maggior potere contrattuale con i datori di lavoro, e non ci sarebbe più bisogno del salario minimo.
Ma non tutti approvano l’idea, più che altro per gli effetti che una tale misura avrebbe sulla produttività potenziale. La gente continuerà a lavorare se non ce ne sarà bisogno? E chi può avere la certezza che i cittadini spenderanno gli assegni statali sull’istruzione e sui beni alimentari e non su su droghe o articoli non necessari?
Il vero problema, poi, è che non ci sono precedenti nella storia, a parte qualche caso isolato, come quello degli anni ’70, che vide protagonista la città canadese di Dauphin, che per un breve periodo di tempo aiutò 1.000 famiglie in difficoltà, attraverso l’assegnazione di un reddito garantito. L’esito fu molto positivo: la manovra pose fine alla povertà, e ci furono anche meno pazienti ricoverati in ospedale e maggiori casi di studenti che completarono gli studi.
In realtà, piani simili sono stati discussi in passato. Nel 1968, l’economista americano Milton Friedman, discusse l’idea di una imposta negativa sul reddito, in base a cui i redditi al di sotto di una predeterminata soglia avrebbero ricevuto un reddito supplementare invece di essere sottoposti al pagamento delle tasse.
(Lna)
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