ROMA (WSI) – Negli ultimi due anni l’Italia è finalmente tornata ad attirare l’interesse degli investitori stranieri.
Stando alla ricerca dell’Ice, l’agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, i flussi in entrata sono passati dai 90 milioni di dollari del 2012 ai 17 miliardi nel 2013. Un balzo incredibile, nel contesto di un trend positivo che dovrebbe essersi protratto anche nel 2015.
Il presidente dell’istituto Riccardo Maria Monti ora si aspetta per il 2014 un ulteriore aumento oltre i 20 miliardi, con “una forte accelerazione nel 2015”.
Meno positivi sono invece i dati sulla presenza commerciale del Made in Italy all’estero. Se da un lato nel terziario l’attività è in crecita, negli anni duemila, tuttavia, il settore manifatturiero presenta un “preoccupante cedimento” nella sua consistenza economica.
Monti ha sottolineato “lo sforzo straordinario fatto dal governo per migliorare l’attrattività dell’Italia” con l’adozione di nuove strutture, strumenti e politiche che stanno iniziando a dare i loro frutti come testimoniano l’aumento della presenza italiana in Nord America, una buona tenuta delle grandi imprese all’estero e il crescente coinvolgimento delle Pmi italiane nei processi di internazionalizzazione produttiva.
“Nel 2012 i flussi in uscita sono stati importanti, mentre quelli in entrata erano pari a zero”, ha ricordato Monti sottolineando come a partire dal 2013 i dati indichino una ripresa dei flussi. L’Italia – in base a quanto emerge dal Rapporto – mantiene però un grado di internazionalizzazione sia attiva che passiva significativamente inferiore a quello dei suoi maggiori partner europei”.
Quanto all’analisi dell’attività multinazionale delle imprese con sede in Italia, a fine 2013 11.325 erano le imprese italiane con partecipazioni in imprese estere. Lo rivelano i numeri forniti dalla banca dati Reprint, secondo cui le imprese partecipate all’estero erano invece 30.513, con un totale di oltre 1,5 milioni di dipendenti e ricavi pari a 565,3 miliardi di euro.
Le analisi evidenziano come il modello di crescita delle imprese italiane all’estero sia coerente con i tratti tipici del made in Italy e della struttura industriale del nostro paese: un intenso impegno a rafforzare la presenza commerciale soprattutto nelle nazioni ricche, cui si accompagnano processi di delocalizzazione per lo più verso aree vicine in senso geopolitico, culturale e logistico. E se si assiste a un aumento della presenza italiana in Nord America pure persiste un gap di globalità, soprattutto in riferimento all’area del Pacifico.
Quanto all’esposizione in Italia delle multinazionali estere, il Rapporto parla di 9.367 imprese a partecipazione estera a fine 2013 con oltre 900mila dipendenti e un giro di affari di 497,6 miliardi di euro. Nonostante una serie di acquisizioni di un certo rilievo, il settore manifatturiero – che pure rimane quello di maggiore insediamento estero – mostra negli anni Duemila un preoccupante cedimento nella sua consistenza economica (-22,9% i dipendenti delle imprese partecipate tra il 2000 e il 2013), mentre appare in crescita la presenza estera nel terziario.
(DaC)