Il ruolo del contante tra euro digitale e criptovalute
di Antonio Staino*
Mentre in Italia arrivava ‘il regalo’ del tetto ai pagamenti in contanti, nel lontano Kazakistan – il secondo Paese produttore di criptovalute al mondo – lunghe file di persone davanti ai bancomat tentavano di prelevare denaro contante.
Un’immagine che esprime plasticamente come il contante rimanga la riserva di valore privilegiata in situazioni di emergenza legate a fattori di instabilità politica e sociale, nonostante la rapidità con la quale avvengono i processi di dematerializzazione della moneta a livello globale.
Altro che le montagne russe a cui ci hanno abituato le criptovalute con la loro estrema volatilità! Gli analisti finanziari si sono affrettati a spiegare che la pressione ribassista sulle criptovalute è stata il frutto del combinato disposto tra l’annunciato tapering della americana Fed, la stretta imposta dalla Cina al cosiddetto ‘mining’ e la già citata crisi energetica kazaka, ma che il mercato decentralizzato delle ‘cripto’ fosse una rischiosa scommessa speculativa lo avevamo già capito, non essendo regolato da un’autorità centrale.
Dunque è sufficiente guardare a cosa accade nel resto del mondo per comprendere a quale parossistico livello sia giunta la demonizzazione del denaro contante in Italia. Nel nostro Paese il 2022 si è aperto con l’introduzione del tetto a 1.000 euro imposto sui pagamenti in contanti. Una misura assai discutibile considerando che non esistono restrizioni del genere in altri grandi Paesi europei e che la BCE, nella Lettera inviata al Governo italiano durante il 2019, ha messo sotto la lente d’ingrandimento i presunti obiettivi di contrasto all’evasione fiscale alla base del provvedimento.
Ma non basta il tetto al contante. Dal 2023 in Italia si prevede un’ulteriore stretta con pesanti multe agli esercenti che non utilizzeranno bancomat e carte di credito nei loro esercizi commerciali. E tutto questo dopo l’ingloriosa fine del Cashback di Stato, una norma che si è rivelata costosa e “regressiva”, per dirla con il presidente Draghi, finendo per alimentare le diseguaglianze sociali. La cosa paradossale è che mentre si tende a prendere di mira i cittadini che esercitando la propria libertà di scelta preferiscono utilizzare il contante, nessuno sembra preoccuparsi del fatto che chiunque voglia può trasferire valore usando le nuove piattaforme digitali dove si scambiano criptovalute, accumulando profitti non tassabili da queste negoziazioni…
La buona notizia è che l’Europa progetta una nuova moneta elettronica pubblica emessa e regolata dalla BCE, l’Euro digitale, che sarà più sicura delle criptovalute private. Questo ci porta al terzo fatto degno di nota accaduto all’inizio dell’anno, le celebrazioni per il Ventennale della moneta unica.
Oggi l’Euro viene utilizzata da 340 milioni di persone ed ha permesso ai Paesi europei di affrontare le gravi crisi che si sono aperte nel capitalismo finanziario globale, dai subprime ai debiti sovrani fino alla pandemia economica, diventando il collante della nostra identità europea.
Che adesso l’Europa voglia dotarsi di una moneta elettronica non può che rafforzare l’Unione nella sfida digitale globale, ma anche in questo caso va detto che le istituzioni finanziarie europee hanno sottolineato più volte e ai massimi livelli che l’Euro digitale potrà aggiungersi ma non sostituire il denaro contante. D’altra parte la consultazione pubblica sull’Euro digitale lanciata lo scorso anno dalla banca centrale lascia aperti numerosi interrogativi su come gli europei guardano alla trasformazione della loro moneta. È emersa una forte richiesta di tutela della privacy e di cybersicurezza.
Ci si chiede se con l’euro digitale continuerà ad essere garantito l’anonimato nelle transazioni come avviene quando utilizziamo il denaro contante, considerando il fatto che il tracciamento delle operazioni digitali sarà consentito per contrastare il crimine organizzato e gravi reati quali il riciclaggio di denaro frutto di attività illecite. La nostra privacy sarà garantita fino in fondo? Come pure i cittadini europei chiedono più sicurezza davanti al rischio crescente del cybercrime, degli attacchi informatici e delle altre problematiche tecniche legate al cambio di paradigma tecnologico introdotto dalla cashless society.
Ecco che allora anche in Europa si guarda con realismo alla trasformazione digitale, considerando che negli anni della pandemia – quando maggiore è stata la diffusione delle nuove forme di pagamenti elettronici – la domanda di banconote è rimasta molto forte.
Più del 70% delle transazioni nel Vecchio Continente continuano ad avvenire in cash. “Le banconote in Euro faranno sempre parte delle nostre vite,” ha detto la presidente della BCE Lagarde, “esse sono un simbolo tangibile e visibile della nostra coesione in Europa. In particolare in tempi di crisi”.
La chiarezza di questa affermazione dovrebbe far riflettere gli alfieri della lotta al contante di casa nostra. Mentre nell’Eldorado delle criptovalute i kazaki cercavano di ritirare contanti ai bancomat, e mentre l’Europa che progetta l’Euro digitale annunciava il restyling grafico delle nostre amate banconote (entro il 2024), in Italia entrava in vigore l’ennesimo provvedimento dal sapore punitivo e moralistico, ai danni di quei cittadini che ora non potranno più neanche fare un regalo superiore ai mille euro ai propri figli usando il cash.
Come dire, un fondamento della storia economica europea e occidentale, il denaro contante, nel nostro Paese viene ridotto a sinonimo di malaffare e corruzione. Tutto questo appare profondamente insensato oltre che demagogico.
*Antonio Staino è il Presidente di Assovalori, l’Associazione del Trasporto Valori in Italia.