La storia ci insegna che la Chiesa, nonostante i suoi buoni insegnamenti, ha avuto dei periodi bui (come ogni cosa, ci mancherebbe). Dall’inquisizione alle crociate, passando per la vendita delle indulgenze ed il pontificato di Papa Leone X, il più corrotto della storia della Chiesa.
Il problema persiste quando il verbo “sbagliare” si trasforma in “perseverare”. Infatti, mentre continua la divulgazione dell’educazione cristiana e dei buoni propositi, i fatti contraddicono totalmente le parole e l’azione va in direzione completamente opposta al verbo predicato.
Ricorderete tutti cosa sia accaduto verso la fine del 2015. La FAAC, una multinazionale dei cancelli elettrici, alla morte dell patron Michelangelo Manini, lascia per testamento la sua azienda alla Curia di Bologna.
L’eredità consiste nel 66% della FAAC, mentre il restante 34% è nelle mani dei francesi della Somfy. In seguito, la Curia di Bologna acquistò il 100% delle quote societarie facendo uscire di scena i francesi e rimanendo, di fatto, unico titolare.
Da qui ha inizio la brutta piega gestionale: la sede di Grassobbio, situata vicino all’aeroporto Orio al Serio di Bergamo, viene chiusa per la decisione di trasferire lavoro, macchinari ed attrezzature nella sede bulgara della società (acquistata nella primavera del 2012).
Così, d’un tratto, i 50 dipendenti si sono ritrovati senza lavoro. Ciascuno di essi ha ricevuto una buonuscita di circa 24 mila euro, ma sappiamo tutti quanto sia difficile trovare un altro lavoro in questa fase altamente delicata che caratterizza il mercato del lavoro e la somma ricevuta è sufficiente per un periodo inferiore ai due anni (ipotizzando una paga media di circa 1200 euro al mese).
Va notato che la sede bergamasca non versava affatto in una situazione di crisi, era anzi in salute e senza alcun tipo di problema legato agli equilibri economico-finanziari.
Alla domanda “come mai delocalizzate in Bulgaria se l’azienda è in buona salute, lasciando in mezzo alla strada 50 dipendenti?” la risposta si è sostanziata in un’agghiacciante “dobbiamo perseguire il profitto” (lasciando intendere che il costo del lavoro in Bulgaria è decisamente inferiore).
Un attico con depandance a Roma con i soldi dei bambini autistici
La tematica relativa agli interessi personali trova invece, purtroppo, un altro riscontro negativo: stiamo parlando degli 800mila euro sottratti ad uno dei più importanti enti morali nella realtà socio-assistenziale della Sicilia, la Fondazione Campanile.
L’ormai ex vescovo di Trapani monsignor Francesco Micciché, sollevato dal suo incarico nel 2012 da papa Benedetto XVI all’esplodere dello scandalo per un ammanco milionario dai conti della Diocesi, è stato accusato dalla Procura di Trapani nell’inchiesta ancora aperta per aver utilizzato i soldi destinati ai bambini autistici ed ai piccoli malati oncologici per comprarsi un attico di 210 metri quadri con depandance nel centro di Roma.
L’antico, riferisce la Procura, si trova al quarto piano di un antico palazzo nobiliare al numero 50 di via San Nicola di Tolentino alle spalle di piazza Barberini ed è caratterizzato da cinque finestre su un unico balcone in uno stabile di pregio che ospita anche un paio di residence di lusso e un’accademia di moda.
Come ha confermato ai pm monsignor Alessandro Plotti, inviato dal Vaticano come amministratore apostolico a Trapani dopo la rimozione di Micciché, l’attico è stato acquistato nel 2008 dal vescovo di Trapani ad un prezzo decisamente sottostimato per i prezzi del centro di Roma: 760.000 euro più 30.000 di spese notarili, per di più dichiarandone l’utilizzo ai fini di culto (dunque equiparato ad una chiesa) per non pagare l’imposta di registro ed è stato intestato alla Curia di Trapani.
L’alto prelato, scomparso qualche tempo fa, dichiarava inoltre “Io ho rilevato l’anomalia dell’acquisto di una casa privata intestata alla diocesi con soldi che avrebbero dovuto essere destinati alla cura dei bambini e alle finalità della Fondazione Campanile. Non è accettabile che siano stati buttati via 500mila euro per l’acquisto di una casa privata a Roma in pieno centro storico sottraendo quella somma alla possibilità di destinarli alla cura di bambini con problemi psichici”.
Monsignor Plotti parla di 500mila euro e non 800mila euro perché la casa risulta essere stata pagata con cinque assegni da 100mila girati dal conto della fondazione Auxilium, che aveva incorporato la Fondazione Campanile, e 300mila euro in contanti. Dice monsignor Plotti di aver anche chiesto all’ex vescovo Micciché da dove arrivasse una così alta cifra in contanti ed di essersi sentito rispondere, con un sorrisetto “”li ho trovati nel cassetto”.
L’ipotesi dei pm è che l’acquisto dell’appartamento rientrasse tra quegli “investimenti” (altri appartamenti a Palermo, ma anche titoli su conti esteri e polizze assicurative) che Micciché avrebbe realizzato sottraendo quasi tre milioni di euro alla Diocesi, dai fondi dell’8 per mille a quelli della Fondazione Campanile grazie a quella astuta operazione tecnico-finanziaria che era stata la fusione per incorporazione della Fondazione istituita nel 1968 da monsignor Antonio Campanile, il quale l’aveva destinata ai bambini con gravi patologie, nella Fondazione Auxiluim della quale il vescovo presidente aveva nominato amministratore il cognato Teodoro Canepa.
Ma non è tutto; l’amministratore apostolico Plotti dice anche ai pm: “Ho rilevato una serie di operazioni sfavorevoli alla Diocesi, di scarsa comprensibilità, quali le cessioni in comodato gratuito di immobili reimpiegati in strutture alberghiere. Devo dire che ho rilevato una gestione personalistica della Diocesi di Trapani che ho trovato in stato di grave dissesto economico con una totale spoliazione dei suoi beni”. E l”ispezione affidata dal Vaticano a monsignor Mogavero ha conclusioni che si sposano con quanto detto da monsignor Plotti.
Davanti a queste accuse Micciché ha reagito con una controffensiva per mezzo lettera inviata all’ex procuratore Marcello Viola, dove scrive: “Ho scoperto la pericolosità di una mafia ecclesiastica non meno potente, insidiosa e nefasta della mafia che il sistema giudiziario in Italia è impegnato a contrastare”.
In attesa della conclusione dell’inchiesta, che per giunta è fino ad ora priva della risposta dello Ior alle richieste dei pm, Micciché, mai sospeso a divinis, vive a Roma e dice messa alla Confraternita dei siciliani.
Ci si chiede allora dove sia finita la morale cattolica in episodi di questo genere, dove la Curia altro non ha fatto che mettersi in cattiva luce dimostrando un comportamento di assoluta incoerenza rispetto al suo credo.
Con il fenomeno di un Islam sempre più dilagante, sia dal punto di vista demografico che di “attrattività” religiosa, basti pensare al numero dei convertiti all’Islam (interessante da questo punto di vista il film “Napolislam”) o dei foreign fighters, ed una spiritualità Cristiana che va via via sempre più perdendosi, questi comportamenti non possono certo aiutare a “recuperare” i fedeli né tanto meno a svolgere quella funzione civile e sociale che da sempre la Chiesa si prepone e propone di fare (o quantomeno dice).
Non sarà facile avere vita lunga, con un’incoerenza del genere.
“Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” (Seneca)