MILANO (WSI) – Il processo di Risk management nelle banche italiane è così concentrato su una visione interna da far sì che non ci si renda conto che il vero rischio è che le banche restino senza clienti. E’ quanto ha detto Luciano Munari, docente di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università degli Studi di Parma, in occasione del seminario “A caccia di buoni affari con B2B- Bank to business opportunities- Non c’è banca senza impresa”, che si è svolto martedì 24 novembre a Milano.
Il seminario si è tenuto presso il centro Congressi della Fondazione Cariplo, organizzato da Master Information con il contributo dell’Università di Parma.
Munari ha presentato una ricerca realizzata, col supporto di Master Information, per capire gli andamenti del sistema, basata sulla compilazione di un questionario da parte di 24 banche. È emersa la tendenza ad una diversificazione degli investimenti e l’evoluzione del modello di servizio delle banche verso l’utilizzo, in maniera prevalente, di strumenti di supporto remoti (social media, customer care, etc.). Nel prossimo biennio, per quanto concerne le strategie nella rete distributiva, si prospetta invece un cambio del modello organizzativo delle filiali e una riduzione di costi.
Nel seminario, dedicato ai top manager di banche italiane ed estere e alle imprese, temi portanti sono stati le strategie per favorire le sinergie tra banca e impresa, l’erogazione del credito e la crescita economica.
Intervenuti diversi economisti e docenti universitari, che hanno descritto le condizioni in cui versa il sistema bancario nel panorama italiano, sia considerando il contesto attuale e che quello legato al futuro imminente.
Francesco Cesarini, banchiere ed economista, ha illustrato una situazione delle banche molto grave poiché nel 2014 ci sono stati 350 miliardi di crediti deteriorati e 197 miliardi di sofferenze (soprattutto nel settore edilizio), il che implica un immobilizzo molto forte del sistema e la difficoltà di concedere prestiti. Cesarini, inoltre, ha invitato le banche ad avere un atteggiamento più deciso (evitando che il carico di una banca fallita crei problemi alle altre sane) e a ridurre filiali e personale.
Focus anche sull’intervento del Direttore Generale dell’Associazione Industriale Bresciana, David Vannozzi, che ha raccontato l’esperienza di Bergamo e Brescia, ai primi due posti nel panorama europeo:
“Non perché siano territori in cui vi è un’abbondanza di credito ma perché le imprese e le banche della zona non hanno una cultura tradizionale, scorretta, che non funziona”.
Riguardo al mercato d’impresa, Vannozzi ha parlato di una struttura fortemente polarizzata che fa sì che i soldi siano destinati alle imprese che vanno bene ma che non ne avrebbero bisogno e, oltretutto, usufruiscono di tassi sottocosto, intorno allo 0,75. L’auspicio del Direttore Generale dell’Associazione Industriale Bresciana, è che le banche imparino a confrontarsi col mercato, prendendo esempio dalle imprese che sono riuscite ad assicurarsi un posto nel mercato internazionale, essendo oggi l’Italia il secondo paese per esportazioni in Europa.
“I minibond hanno dei costi 4 punti percentuali superiori a quello del mercato e i nostri creditori sanno che o lo fanno per immagine o perché ritengono di avere progetti a lungo termine per i quali il minibond dà la garanzia per il lungo periodo. La borsa per le piccole imprese, invece, non decolla perché gli imprenditori devono comunque migliorare ancora la loro cultura finanziaria e le nostre associazioni devono fare in modo che certi modi di lavorare del passato non si utilizzino più».
Vincenzo Perrone, Professore di Organizzazione Aziendale, Università Bocconi ha manifestato la necessità di personalizzare il rapporto con l’impresa, offrendo un vantaggio competitivo attraverso un’offerta diversificata e personalizzata, senza pretendere di azzerare i rischi ma, piuttosto, dotandosi di capacità di discernimento e quindi valutando ogni caso singolarmente.
Dal 2011 a oggi il credito bancario nelle imprese è calato di circa 10 miliardi e anche se c’è una stabilizzazione, ancora non c’è una vera ripresa e i motivi sono le sofferenze, le regole stringenti, la redditività più bassa, l’ingente costo delle filiali e la frammentarietà del sistema bancario, infine la bassissima propensione all’investimento
Alberto Naef, Top manager di UniCredit, ha parlato dell’importanza della comprensione del contesto e dunque della necessità di nuove forme di collaborazioni, utilizzo di prodotti flessibili e digitali, servizi di supporto della crescita finanziaria e personalized pricing.