Post-impressionista, visionario, innovatore e dissacrante. Perfino politico. Ad Anversa, in Belgio, va in scena una stagione di grandi mostre di livello internazionale sul maestro fiammingo James Ensor (1860 – 1949), la cui arte, esilarante e tragica allo stesso tempo, è fondamentale per capire le origini e lo sviluppo del modernismo in Europa nel ventesimo secolo.
Nel settantacinquesimo anniversario dalla scomparsa del pittore dalla mente inquieta e ribelle e dalla forza immaginativa dei suoi quadri, dove ha svelato le maschere di ipocrisie e contraddizioni del suo tempo, la città propone una grande retrospettiva che esplora la sua visione artistica rivoluzionaria e anticipatrice dal titolo In Your Wildest Dreams, Ensor beyond Impressionism, mostra visitabile al KMSKA – Museo reale di belle arti di Anversa fino al 19 gennaio 2025. Ma, accanto a questa, Anversa gli dedica ben altre tre mostre: una seconda al Museo della Moda MoMu, una terza al Museo della Fotografia FOMU e una quarta al Museo Plantin-Moretus. A metà tra ricerca e sperimentalismo.
James Ensor e il KMSKA.
Nato a Ostenda nel 1860, Ensor ha sempre mantenuto un legame fortissimo con la sua terra, a partire dai temi affrontati nelle sue opere, spesso riferibili, agli stili fiamminghi di nature morte, ritratti e interni borghesi. Il KMSKA, che ospita la più grande collezione al mondo di opere di Ensor, rappresenta il punto di riferimento della sua eredità. A partire dall’Ensor Research Project, che da anni si dedica allo studio approfondito delle sue tecniche, dei materiali e dei processi creativi, il museo diventa il palcoscenico ideale per questa retrospettiva, che riunisce prestiti di grande rilevanza internazionale, tra cui capolavori provenienti dal MoMA di New York e dalla National Gallery di Londra.
Pur profondamente legato alla grande tradizione pittorica fiamminga e alla pittura impressionista che, in quegli anni, faceva di Parigi il luogo d’elezione, Ensor ha saputo destabilizzare i canoni dell’arte, anticipando i movimenti espressionisti, surrealisti e dadaisti con una grande fantasia. Usando in maniera rivoluzionaria il colore e la composizione, le maschere e gli scheletri, ha sempre voluto e saputo esplorare il confine tra vita e morte, tra realtà e finzione, evocando mondi onirici e inquietanti. E buttando le basi per lo sviluppo di nuovi linguaggi artistici.
“È stato anticipatore dell’espressionismo e del surrealismo, ha saputo interpretare un contesto storico attraversato da forti cambiamenti. Ha sperimentato incessantemente”, ha raccontato il curatore e grande esperto di Ensor, Herwig Todts. E l’allestimento della mostra ha un aspetto teatrale. “Ensor lo avrebbe adorato”, continua Todts.
Le opere di Ensor sono esposte accanto a quelle di maestri internazionali con cui il fiammingo intendeva competere, riuscendoci. Inizialmente si è lasciato influenzare dai grandi impressionisti francesi come Claude Monet, Édouard Manet. Da Pierre-Auguste Renoir e da Edwuard Munch. Lo stesso dicasi per l’influenza che hanno esercitato su di lui i fiamminghi Pieter Bruegel e Hieronymus Bosch.
Dai grandi, insomma, è partito, raccontando nelle sue tele il genere caricaturale, umoristico e a tratti grottesco degli ultimi due e i paesaggi romantici e le scene di vita quotidiana degli impressionisti. Ma presto ne ha preso le distanze per costruire un linguaggio espressivo tutto suo, spingendo l’arte verso territori inesplorati, intrecciando sogno e incubo, spiritualità e critica sociale. Dunque, lontano dalla pacatezza dell’impressionismo, Ensor ha saputo trasformare il colore e la luce in strumenti di satira e dissacrazione, in un vortice di creatività, dando vita a opere dirompenti come Cristo che cammina sulle acque o La tentazione di Sant’Antonio. Attraverso le sue iconiche maschere, elemento chiave della cultura carnevalesca fiamminga, anche ispirate ai parigini Cabaret de l’Enfer, Ensor ha svelato la vera natura dei sentimenti e delle emozioni che agiscono nell’essere umano. Questa visione si riflette in dipinti come L’entrata di Cristo a Bruxelles (1889), in cui la parata trionfale si trasforma in una messa in scena sarcastica.
Ecco che la seconda sezione è dedicata alle danze macabre, alle maschere appunto e alle folli parate cittadine, che hanno reso celebre l’artista. Ironico e inquietante, sarcastico e caricaturale, il pittore fiammingo disvela al visitatore un mondo (solo apparentemente sottosopra), con l’ausilio degli scheletri (molto alla moda al tempo) e di una moltitudine di abiti e acconciature. Ensor, “con l’ansia costante di essere un precursore, non raggiunse mai uno stile proprio, ogni paio d’anni lo cambiava. Ma senza dubbio fu il miglior pittore dell’avanguardia belga”, continua Todts.
Le maschere di Ensor al Museo della Moda (MoMu).
Fino al 2 febbraio 2025, la mostra al al MoMu, nel cuore del quartiere Modewijk di Anversa, indaga sul concetto di maschera e trasformazione con la rassegna Masquerade, Make-up & Ensor. In un viaggio estetico e di scoperta, si esplora il legame tra immagine, moda e trucco, evidenziando come quest’ultimo sia diventato un potente mezzo di espressione artistica e un simbolo di libertà creativa.
Il tema si intreccia perfettamente con le opere di James Ensor, che, a partire dal 1888, ha spesso utilizzato maschere, abiti e accessori per smascherare la vera natura e i sentimenti nascosti dei suoi personaggi. Per secoli il trucco è stato visto con sospetto e come cosa sconveniente. Ensor, acuto osservatore dell’essere umano e delle dinamiche socio-economiche, ha saputo cogliere la vanità delle persone, le loro insicurezza, trasformando la maschera in un ambiguo strumento di rivelazione, anziché di occultamento. I temi di ambiguità, seduzione e distorsione avvengono attraverso il lavoro di artiste, fashion designer, modelle, fotografi, truccatrici e parrucchieri. Dagli scatti di Inge Grognard per Martin Margiela e Balenciaga si arriva al video di Lucy Bridge per Eugene Souleiman, dalle creazioni sorprendenti di Julien D’Ys per Galliano e Comme Des Garçons si toccano i grandi close-up di Issy Wood e i notevoli acrilici “alterati” di Genieve Figgis: il percorso (visitabile fino a febbraio) è molto suggestivo.
La tipografia del Museo Plantin-Moretus.
Al tipografico Museo Plantin-Moretus, museo dedicato alle fondamenta dell’arte tipografica, primo al mondo ad essere inserito tra i Patrimoni mondiali dell’Unesco e con un meraviglioso chiostro, si vede la straordinaria capacità grafica di Ensor’s State of Imagination. Alcune esposte per la prima volta, le libere sperimentazioni di Ensor nel campo dell’incisione differiscono dalla produzione pittorica abituale del pittore fiammingo per le dimensioni contenute e il tocco estremamente delicato, mentre spirito e temi – anche sociali e politici, come nelle esilaranti riproduzioni del Doctrinal Nourishment – sono quelle dei quadri, tra autoritratti scheletrici e scene teatrali. È l’opera di un maestro giovane ma già molto sicuro della propria prospettiva sul mondo, consapevole di avere conquistato un suo spazio nella storia dell’arte, con omaggi a Rembrandt, van Ostade, Hokusai e Bosch.
Al FOMU di Anversa l’artista americana Cindy Sherman.
Il FOMU – Museo Fotografico di Anversa si concentra infine sull’artista americana Cindy Sherman, nata a Glen Ridge, (New Jersey) nel 1954. In Early Works 1975 – 1980 sono esposti i primi ritratti mimati, i cut-out politici e alcuni scatti della serie Untitled Film Stills. In Anti-Fashion, invece, la fotografa viene accostata a Ensor, anche se con qualche sforzo immaginativo. Come il maestro fiammingo, Cindy esprime una visione critica delle convenzioni sociali attraverso un maschere, clown e travestimenti.