(9Colonne) – Milano, 22 mar – Il web sta cambiando e anche l’Italia si adegua. All’università Bocconi di Milano si è discusso nei giorni scorsi dei primi casi italiani di Web 2.0. Esperienze come quelle di YouTube, MySpace, Second Life, Wikipedia, Flickr, LinkedIn, Friendster o Del.icio.us, basati sulle interazioni all’interno di reti sociali, sono infatti chiamate Web 2.0, con un’espressione coniata nel 2004 da Tim O’Reilly, proprio per designare una nuova generazione di siti Internet basati sulla collaborazione e condivisione di contenuti creati dagli utenti. Geraldo Vercio ha scritto in un suo libro, di cui ha parlato Carlo Alberto Carnevale, come gli wiki, i social network, le folksonomy (le tassonomie create dagli utenti, che servono da guida alla selezione dei contenuti e alla lettura per altri utenti) sono gli strumenti che hanno reso possibile l’esplosione di fenomeni che hanno destato l’interesse del pubblico e del venture capital. Ad esempio, la News Corp di Rupert Murdoch nel luglio 2005 ha acquistato MySpace per 580 milioni di dollari (ora il suo valore è stimato intorno ai 6 miliardi), e Google si è aggiudicata YouTube nell’agosto 2006 per 1,65 miliardi. Le utenze sono rimaste stabili, anche se la percentuale di utenti veramente attivi è sempre piuttosto bassa. Sembra valere la legge dell’1:10:89, per cui ogni 100 utenti uno è davvero attivo nella generazione dei contenuti, dieci partecipano saltuariamente commentando o classificando il materiale, mentre i restanti 89 sono utenti passivi. Vercio classifica i social network in due grandi categorie, la prima delle quali è quella degli aggregatori multimediali, che consentono di cercare e scaricare materiale che va dalle foto (Flickr), alla musica (last.fm), ai video (YouTube), ai semplici link (Del.icio.us). La seconda categoria è quella degli aggregatori sociali, utilizzati per trovare e ritrovare amici (MySpace, Friendster), dating (Love.dada.net in Italia), creare o ampliare un network professionale (LinkedIn). “Il destino economico di gran parte di questi servizi dipenderà dalla capacità di generare flussi costanti di reddito, consolidando modelli di business che non sono ancora assestati”, ha spiegato il relatore, Carlo Alberto Carnevale. In Italia, va verso l’integrazione tv-web l’esperienza di Mediaset che attraverso il proprio portale, secondo Vercio, mira a diventare un aggregatore non solo di contenuti, ma anche di persone. Al consumo tv su web si sta affiancando la creazione di una community che invii, condivida e commenti i contenuti. Già oggi il TgCom utilizza più filmati provenienti da altre fonti (soprattutto YouTube) che autoprodotti. Il sito delle Iene, vero incubatore di nuove idee per il gruppo, realizza già filmati esclusivi per il web e coinvolge gli utenti invitandoli a doppiare materiali presenti online. Sono da considerare test che vanno nella stessa direzione anche i servizi interattivi (e a pagamento) del sito del Grande Fratello e gli accordi di distribuzione video su Internet sottoscritti con Libero.