Società

Immobiliare: in 5 anni compravendite -45%

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ROMA (WSI) – L’economia italiana continua a barcollare. Lo ha fatto in passato e il timore è che lo possa continuare a fare in futuro. A fronte di un ministro per l’economia – Fabrizio Saccomanni – e di un premier – Enrico Letta – che annunciano con toni trionfalistici qualsiasi cosa facciano – il 47esimo rapporto del Censis sulla situazione sociale del paese dipinge una realtà che fa venire i brividi.

E non solo per i numeri del “passato”, con le compravendite di case che sono crollate -45% in cinque anni, ovvero dal 2007 al 2012; ma anche per i numeri del presente, visto che nel 2013 la flessione potrebbe arrivare a -50% (con 400.000 abitazioni vendute).

Di seguito i punti principali del rapporto Censis.

MERCATO IMMOBILIARE – Nell’anno che si sta per chiudere, le famiglie che hanno manifestato l’intenzione di acquistare un’abitazione sono state 907mila e solo il 53,5% è riuscito a realizzare l’acquisto. D’altronde, dal 2007 al 2012 il risparmio netto annuo per famiglia è passato da 4.000 euro a 1.300 euro.

Il comparto in affitto riguarda oggi il 14,9% delle famiglie. I nuclei giovani sono il 23,8% degli inquilini. La parte più consistente degli inquilini è localizzata nel Mezzogiorno (39,2%) e nelle grandi città, con oltre 100.000 abitanti (31,4%). Il 40,8% ha un reddito netto mensile di 1.000 euro e un ulteriore 44,1% compreso fra 1.000 e 2.000 euro.

CRISI DEMOGRAFICA – Gli italiani che sono fuggiti dal paese per cercare fortuna all’estero sono più di 4,3 milioni: negli ultimi 10 anni, il numero di cittadini che si sono trasferiti all’estero è più che raddoppiato, dai circa 50.000 del 2002 ai 106.000 del 2012 (+115%). Ma è stato soprattutto nell’ultimo anno che l’incremento si è accentuato (+28,8%). Nel 54,1% dei casi la nuova ondata di emigrazione ha avuto per oggetto giovani con meno di 35 anni.

FAMIGLIE, OTTO MILIONI AIUTATE DAI PARENTI – Le famiglie italiane che hanno ricevuto una forma di aiuto, nell’ultimo anno, da parte della propria rete familiare, sono state quasi 8 milioni. 1,2 milioni di famiglie non sono riuscite a far pronte alle spese con il proprio reddito e dunque hanno fatto ricorso a prestiti di amici. Per il 72,8% delle famiglie un’improvvisa malattia grave o la necessità di significative riparazioni per la casa o per l’auto sono un grave problema. Il pagamento di tasse e tributi (24,3%), bollette (22,6%), rate del mutuo (6,8%) mette in difficoltà una quota significativa di italiani.

FALLIMENTO AZIENDE – Dal 2009 la recessione ha portato alla cessazione di più di un 1,6 milioni di imprese. Tuttavia nel piccolo commercio, che conta oltre 770mila imprese, i negozi di vicinato che operano nell’alimentare, pur essendo stati spiazzati dalla grande distribuzione, hanno registrato un lieve incremento, vicino all’1% tra il 2009 e la prima metà del 2013. Il commercio ambulante è cresciuto di quasi l’8% (da 168mila operatori a quasi 181mila).

Gli operatori del commercio online sono quasi 12mila, aumentati del 20%. A una difesa delle posizioni, negli anni della crisi, va anche ascritta la presenza endemica dell’abusivismo commerciale.

La quota del commercio abusivo raggiunge il 7,1%, per un totale di circa 68mila esercizi commerciali, di cui il 52% in aree pubbliche o aree mercatali e il restante 48% in sede fissa. Particolarmente elevato è l’abusivismo nell’ambulantato, pari al 19,4%. Il giro d’affari sottratto al commercio regolare è pari a 8,8 miliardi di euro.

LAVORO: CRESCE INCERTEZZA – Dal rapporto del Censis emerge che il 2013 si chiude con una sensazione di “dilagante incertezza” sul futuro del lavoro. Ben un quarto degli occupati è convinto che nei primi mesi del 2014 la propria condizione lavorativa andrà peggiorando; il 14,3% pensa che avrà a breve una riduzione del proprio reddito da lavoro e il 14% di poter perdere l’occupazione.

“Sono timori che interessano trasversalmente la popolazione italiana – spiega il Censis – non solo i giovanissimi, che più che temere una riduzione della retribuzione hanno paura di ritrovarsi senza lavoro, ma anche le fasce d’età centrali, tra le quali l’esigenza di provvedere con il proprio reddito al benessere della famiglia amplifica le ansie rispetto al futuro”.

Tra i 35-44enni il 13,7% è convinto che la propria posizione lavorativa sia a rischio e il 17,3% prevede una riduzione del reddito; tra i 45-54enni la paura di perdere il proprio posto di lavoro accomuna il 17,1% degli occupati.

“Il sentiment di sfiducia è alimentato dal deterioramento di un quadro di contesto – aggiunge il rapporto – che ha visto, soprattutto nell`ultimo anno, allargare il perimetro della crisi dalle fasce generazionali più giovani a quelle più adulte”.