Economia

Immobiliare: slalom tra numeri, lettere e modernità liquida

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L’articolo fa parte di un lungo dossier “Stargate, investire sul futuro” pubblicato sul numero di febbraio del magazine Wall Street Italia.

di Arianna Barbieri e Gerardo Paterna

Dall’inizio della pandemia il settore immobiliare è stato al centro di un susseguirsi di previsioni. Agli scenari pessimistici hard e soft su numero di transazioni e valori, sono seguiti quelli che guardano alla ripresa. Oltre ai numeri, alle percentuali e ai grafici a nido d’ape, questa volta i centri studi ci hanno fatto prendere confidenza anche con le lettere.
I nuovi possibili contesti sono stati così etichettati:
V, che segna una caduta repentina e un rimbalzo in area positiva.
U, che sta a indicare una caduta rapida e un breve periodo di stagnazione prima della ripresa.
L, che evidenzia un indeterminato periodo di stagnazione dopo il crollo.
K, dopo la crisi emerge un mercato nuovo dove, a fronte di un rafforzamento di valori e caratteristiche, determinati elementi del vecchio mercato non trovano più spazio perdendo qualunque realizzazione.

Ad oggi, l’unico elemento vicino alla realtà è che il numero di transazioni residenziali del 2020 si attesterà intorno alle 500.000 compravendite. Nel 2019 sono state 603.539.
Guardando il bicchiere mezzo pieno, abbiamo ancora spazio rispetto alle 406.928 compravendite dell’orribile 2013. In ogni caso, anche quest’anno il mercato immobiliare genererà un fatturato nell’ordine dei 100 miliardi di euro, nonostante i vari lockdown (anche qui hard e soft), le incertezze reali e quelle percepite, queste ultime figlie di una pessima comunicazione istituzionale sullo stato della pandemia e sulle sue implicazioni sociali ed economiche.
Al di là di ogni onesta valutazione e previsione, come può l’uomo della strada muoversi con relativa sicurezza in un mercato incerto? Quali riferimenti dovranno guidare l’investimento immobiliare nella società blob di cui il sociologo Bauman scrive nel suo libro Modernità Liquida?

Prima considerazione: il contesto.
Il mercato immobiliare è un elemento importante del sistema economico, ma non vive di vita propria.  L’immobiliare genera ricchezza, occupazione e ispira relativa sicurezza nella misura in cui il sistema Paese sviluppa obiettivi di crescita chiari e un processo esecutivo per raggiungerli.

In un contesto previsionale dove si contano 219.000 lavoratori autonomi in meno nell’ultimo anno (maggiore criticità tra i 30 e i 39 anni) e dove l’edizione 2020 del report Ose indica per l’Italia 1.500.000 di posti di lavoro a rischio, c’è da riflettere. Reddito di emergenza, cassa integrazione, blocco dei licenziamenti e degli sfratti, sospensione delle aste immobiliari, moratoria su mutui e finanziamenti, hanno messo un grosso tappo al problema. Tuttavia questo trattenere il respiro prima o poi finirà e cosa ci attenderà dopo? “Un’economia pietrificata”, per usare le parole dell’economista Andrea Garnero, “pronta ad andare in pezzi”?

Seconda considerazione: le abitudini delle nuove generazioni.
Indotti dalla mancanza di prospettive e in una certa misura anche dal benessere ereditato da genitori e nonni, i giovani hanno ambizioni di studio e professionali più mobili, meno interesse verso l’indebitamento trentennale per il mattone, più voglia di esperienze e di scoperta verso un mondo diventato più piccolo.
Questo nuovo modo di guardare alla vita sta supportando l’industria della locazione abitativa che sta godendo di una lunga stagione di crescita con 1.414.350 nuovi contratti nel solo 2019. L’accesso come alternativa al possesso, profetizzava nel 2000 l’economista Jeremy Rifkin nel suo libro L’era dell’accesso.
Se a ciò aggiungiamo che il sistema creditizio non è più in grado di rispondere a questa società liquida a cui manca la tradizionale stabilità lavorativa, garantita da un contratto di lavoro a tempo indeterminato che genera continuità reddituale, si comprende bene quanto lontano sia alle nostre spalle quel mondo sicuro, durato una manciata di generazioni.

Terzo aspetto: l’eredità immobiliare.
La corsa al mattone, attraente per oltre mezzo secolo, ha generato un patrimonio immobiliare enorme, frammentato nella proprietà, oggi vetusto e inadeguato per standard e spazi rispetto alle esigenze moderne. Molti di questi immobili andranno in successione a generazioni di giovani che non potranno permettersi di sostenerne i costi di riqualificazione e di gestione fiscale. I 6.000 miliardi euro di valore del patrimonio immobiliare italiano, in gran parte in mano alle famiglie, rischia di trasformarsi in un incubo per i giovani proprietari di domani.
Tornerà il mercato immobiliare delle opportunità? A prescindere dalla pandemia, il mercato immobiliare italiano arriva da una crisi finanziaria, quella del 2008, da cui non si è mai ripreso rispetto a quello di molti cugini europei (Francia, Germania e Spagna per esempio). Come già detto, i fattori per una ripresa riguardano l’economia, l’occupazione, la politica: sono tutte facce di un sistema che, se consapevole e coraggioso, si muoverà in modo armonico e deciso oppure apparirà incerto e dinoccolato.

Il mercato immobiliare ha ancora grandi opportunità per fornire valore, purché si tenga presente che l’offerta nei prossimi anni sarà sostenuta, che il tema occupazionale inciderà sulla consistenza della domanda e che l’industria della riqualificazione e quella della locazione giocheranno un ruolo da leone.
Servirà mantenere una visione aperta, perché spesso dati e tendenze si riferiscono a realtà eccezionali, quali le aree metropolitane più vivaci, Milano su tutte, mentre non bisogna dimenticare che l’Italia è una grande provincia con dinamiche variegate e più lente.

L’avvento del proptech, la tecnologia al servizio dell’immobiliare, grazie a dati e strumenti ci aiuterà a prevedere le tendenze in modo più puntuale, capire dove investire, cosa riqualificare, cosa abbattere, cosa trasformare.
La previsione certa è che l’approccio all’immobile diventerà più opportunistico e meno romantico, dove la casa per la vita lascia lo spazio a un asset produttivo. Questa chiave di lettura potrà ridare senso al concetto di mattone come bene rifugio, dove l’immobile diventa più mobile nei rendimenti e adeguato all’abitare moderno e sostenibile.