Per la terza volta nella storia oggi, venerdì 13 dicembre 2019 alle ore 10 della mattinata di Washington (le 16 in Italia), la Commissione giustizia della Camera voterà i due articoli della messa in stato di accusa, l’impeachment per il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Due le accuse mosse al presidente: abuso di potere e ostruzione al Congresso.
“Tutto questo è surreale, una situazione fuori controllo. Per tre anni questo presidente è stato tormentato, sorvegliato, spiato, accusato” scrive il tycoon su Twitter parlando di “abusi da parte del Congresso, del Dipartimento di giustizia, dei responsabili dell’Fbi amici dei democratici, che mi hanno odiato quando ancora ero solo un candidato”. “E’ ora di tornare alla ragione”.
“Tutti sappiamo come andrà a finire. Non c’è alcuna chance che il presidente Trump sia rimosso dal suo incarico”: così il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell. Se l’approvazione della Camera, a maggioranza democratica, appare scontata, è tutta un’altra storia quella del Senato, controllato dai Repubblicani e dove serve una super-maggioranza di due terzi per approvare definitivamente l’impeachment.
Impeachment Trump e elezioni 2020: cosa succederà
Anche se Trump fosse stato rimosso dal suo incarico dal Congresso, potrebbe comunque riscattarsi agli occhi dell’opinione pubblica nella campagna presidenziale.
Il meccanismo costituzionale per l’impeachment, previsto dall’articolo II, sezione 4 della Costituzione statunitense, recita testualmente:
“Il presidente, il vicepresidente e tutti i funzionari civili degli Stati Uniti saranno rimossi dall’incarico in caso di impeachment e condanna per tradimento, corruzione o altri reati gravi e illeciti”.
Il Congresso nella storia americana non ha mai rimosso un presidente con il processo di impeachment prima d’ora. Mentre due precedenti presidenti degli Stati Uniti – Andrew Johnson e Bill Clinton – sono stati accusati dalla Camera ma entrambi sono stati assolti al Senato
Nel dettaglio Andrew Johnson, nel 1868 fu messo in stato di accusa per aver licenziato un segretario di gabinetto senza l’autorizzazione del Congresso, mentre Bill Clinton, nel 1998, per violazione del giuramento e ostacolo alla giustizia nell’ambito dell’indagine sulla sua relazione extraconiugale con Monica Lewinsky, che il presidente negò sotto giuramento.
In nessuno dei due casi il presidente fu rimosso. Più nota la vicenda del processo di impeachment a carico del presidente Richard Nixon, che si dimise prima che l’iter di impeachment fosse completato.
La costituzione a stelle e strisce prevede un meccanismo per rimuovere un presidente dall’incarico, ma non impedisce a un presidente o a un altro “funzionario civile” rimosso dal loro incarico con il processo di impeachment di candidarsi o di essere nuovamente eletto a cariche federali.
L’articolo I, sezione 3 della Costituzione degli Stati Uniti afferma esplicitamente che, in termini di conseguenze politiche, “il giudizio nei casi di impeachment non si estende oltre la rimozione dall’incarico, e l’incapacità di ricoprire e godere di qualsiasi carica d’onore negli Stati Uniti”. (I funzionari accusati possono ancora essere incriminati e perseguiti in tribunale).
Trump potrebbe così teoricamente correre ancora per la carica di presidente ed essere rieletto.
L’impeachment potrebbe così rivelarsi un’arma a doppio taglio per i democratici ma anche, come scrive il New York Times, l’impeachment può essere un vantaggio politico per Trump ma anche un’umiliazione personale.
Per Trump comunque la battaglia dell’impeachment è diventata comunque la prova di definizione della sua presidenza.