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Imprese italiane, la loro difesa passa (anche) dalla crescita del mercato azionario

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L’intervento del governo per limitare l’influenza cinese in Pirelli ha risollevato il problema del controllo di soggetti esteri sulle società italiane. Un tema legato anche alla struttura del mercato italiano, che fatica a valorizzare adeguatamente le nostre aziende e può favorire la cessione di quote più o meno rilevanti a eventuali compratori internazionali.

Imprese italiane, la loro difesa passa (anche) dalla crescita del mercato azionario

Pirelli limita l’influenza del socio cinese

Il 31 luglio si terrà l’assemblea di Pirelli per il rinnovo del consiglio di amministrazione. I soci cinesi di Sinochem, azionista di maggioranza del gruppo di pneumatici con il 37% del capitale, dovrebbero candidare Jiao Jian, amministratore delegato della società cinese, per la presidenza.

Tuttavia, l’influenza del gruppo asiatico in Pirelli è stata notevolmente ridimensionata nelle scorse settimane dal governo italiano attraverso l’esercizio del golden power, ossia dei poteri speciali a cui l’esecutivo può ricorrere per limitare il controllo di soggetti stranieri su attività di interesse strategico a livello nazionale.

Le misure del governo Meloni non hanno imposto una riduzione della partecipazione né minori poteri in assemblea ma stabiliscono, inter alia, che l’Ad di Pirelli sia designato da Camfin (di Marco Tronchetti Provera) e che le decisioni strategiche vengano assunte con il voto di 4/5 del Cda (almeno 12 dei 15 membri).

Altri casi di utilizzo del Golden Power

Non è la prima volta che l’Italia ricorre a questi poteri speciali. Ad esempio, nell’ottobre del 2020, il governo Conte bis esercitò il golden power nei confronti del fondo americano Kkr, nell’ambito dell’acquisto del 37,5% di Fibercop. A marzo 2021 il governo Draghi ha bloccato l’acquisizione del 70% della LPE, azienda lombarda produttrice di semiconduttori, da parte della cinese Shenzhen Investment Holdings.

In passato, il consiglio dei ministri ha utilizzato il golden power anche per proteggere le torri di telecomunicazioni di Inwit, tramite alcune prescrizioni, dopo l’ingresso dei fondi Kkr e Gip in Vantage Towers. Da mesi, inoltre, si vocifera di un eventuale ricorso al golden power nel caso la stessa Kkr riesca ad aggiudicarsi la rete di Tim.

Le società italiane fanno gola all’estero

Nel complesso, la maggior parte delle società quotate in Italia presenta ancora una forte concentrazione proprietaria, con le famiglie o lo Stato come principali azionisti, con una quota relativamente contenuta di istituzionali.

In generale, comunque, si conferma il trend che vede molte delle eccellenze del Made in Italy attrarre compratori internazionali e in alcuni casi la presenza di soggetti stranieri nel capitale delle nostre società è rilevante. Basti pensare, ad esempio, al ruolo dei francesi di Vivendi, primi azionisti di Tim con il 23,75% del capitale.

Questo pone da anni alcuni interrogativi sulla capacità dell’Italia di preservare i propri gioielli dalle mani straniere e sulla competitività dello stesso mercato azionario italiano.

Confronto tra il mercato italiano e le altre borse europee

Le società quotate a Piazza Affari a fine 2022 erano 414, con una capitalizzazione di mercato di circa 660 miliardi di euro. Cifre significativamente inferiori, ad esempio, a quelle della borsa di Parigi, con le sue 823 società e una market cap complessiva di circa 3.400 miliardi di euro.

La Germania conta poco meno di 500 aziende, con circa 2.000 miliardi di capitalizzazione, mentre Londra ha più di 1.900 società e una market cap aggregata di circa 3.700 miliardi di sterline (oltre 4.000 miliardi di euro).

Il panorama delle società quotate in Italia rispecchia dunque un Paese a prevalenza di piccole e medie imprese, come dimostra l’elevato numero di società quotate sul mercato Euronext Growth Milan (oltre 190), che insieme capitalizzano poco più di 9 miliardi di euro.

Il ruolo dei PIR nelle Ipo degli ultimi anni

Il gran numero di quotazioni di imprese di piccole dimensioni in Italia è legato anche ad una serie di incentivi varati negli anni precedenti, su tutti i Piani individuali di risparmio (PIR), introdotti in Italia con la legge di bilancio 2017. Dal loro lancio hanno riscontrato l’interesse di un’ampia gamma di investitori, raccogliendo miliardi di investimenti, per un totale di asset under management intorno ai 21 miliardi di euro alla fine del primo trimestre 2022.

I Pir, come sottolineato dal PIR Monitor realizzato da Equita Sim, presentano una serie di vantaggi, tra cui benefici fiscali, un ruolo di supporto all’economia reale e alla crescita del sistema imprenditoriale italiano, un aumento della liquidità del mercato e flessibilità nell’investimento, con pianificazione di lungo termine.

Ricordiamo che almeno il 70% dell’investimento nei PIR deve essere fatto in strumenti finanziari di società con stabile organizzazione in Italia, e di questo almeno il 30% deve essere investito in PMI italiane.

I deflussi dai PIR rimarcano i problemi di liquidità del mercato

Negli ultimi mesi, i Pir, che in media rappresentano il 10% del flottante di mid e small cap italiane, hanno registrato significativi deflussi (-0,8 miliardi per quelli ordinari nel primo trimestre 2023) legati al contesto macroeconomico incerto, che scoraggia nuove sottoscrizioni e facilita le prese di beneficio.

Questo ha fatto emergere significativi problemi di liquidità per le aziende italiane di piccole e medie dimensioni, penalizzando le performance in borsa delle Pmi e rendendole potenzialmente più appetibili per potenziali acquisizioni. Il loro valore di mercato, infatti, spesso non rappresenta adeguatamente i fondamentali sottostanti, poiché condizionato, appunto, da problemi di liquidità e di scarso interesse da parte dei potenziali investitori. In questo modo i compratori esteri possono accaparrarsele a prezzi relativamente contenuti.

Le possibili soluzioni per migliorare il mercato italiano

Secondo Equita, la proroga degli incentivi sui Pir contenuta nella Legge di Bilancio 2023 è un fattore positivo per la raccolta di capitali e quotazioni di PMI italiane su Euronext Growth Milan, ma serve di più per stimolare l’attenzione di investitori istituzionali domestici e intermediari.

Per la Sim milanese, bisogna “rivitalizzare il progetto dei PIR che ha avuto un grade successo, promuovere nuovi strumenti di incentivazione per lo strumento e coinvolgere le risorse di assicurazioni, banche, fondazioni, fondi pensioni ed enti previdenziali (per un totale di circa € 200 miliardi di asset totali) in modo da creare una base solida di investitori istituzionali domestici.” Inoltre, “servono incentivi fiscali per supportare la ricerca azionaria e obbligazionaria.”

Equita sottolinea che “gli investitori istituzionali esteri rappresentano oltre il 90% della capitalizzazione del mercato, e questo è un elemento di debolezza.” Infine, “nei prossimi anni assisteremo ad una riduzione del credito bancario; quindi, sarà importante avere un canale di finanziamento alternativo per le PMI italiane”.