Desidero fare una nota di metodo e non di merito. Riguarda lo sport italico di lamentarsi di qualsiasi cosa da noi non funzioni evocando, con l’espressione finale “Questa è l’Italia”, la rassegnata impossibilità di qualsiasi miglioramento; sottointendendo la differenza con altri paesi normali (se non paradisiaci).
Uno di questi è senz’altro gli Stati Uniti d’America che l’immaginario collettivo vuole ancora come un paese efficiente, ricco di grandi imprese e con bassa tassazione.
Ma è davvero così?
Prendiamo il caso delle tasse per le PMI.
Un recente articolo del Wall Street Journal descrive, a proposito degli sforzi dell’amministrazione Trump, la situazione del carico fiscale per le piccole e medie imprese.
Il primo dato che salta agli occhi è che le imprese con meno di 500 dipendenti (che da noi non sarebbero proprio piccole ma nemmeno grandi) costituiscono il 99,9% del business. Dunque il paese dei grandi colossi è di fatto un iceberg dove la parte sommersa, ovvero non visibile all’uomo della strada d’oltreoceano, è molto maggiore del picco, per quanto grande.
Queste aziende, tra tasse dovute allo stato dove risiedono e quelle federali, pagano in balzelli vari quasi la metà dei loro guadagni!
Il National Federation of Indipendent Business (una sorta di confindustria delle PMI) chiede annualmente ai suoi iscritti di elencare i principali problemi di cui soffrono. L’anno scorso 5 dei 10 principali problemi erano relativi alle tasse: troppo alte, schemi e codici troppo complicati, enorme costo per adeguarsi in termini di denaro e tempo e, udite udite, regole che cambiano troppo frequentemente.
La descrizione dei codici per il pagamento delle tasse supera le 70.000 pagine e, secondo l’Internal Revenue Service (la locale Agenzia delle Entrate), i proprietari di piccole aziende spendono all’anno quasi due miliardi di ore e 18 miliardi di dollari per pagare le tasse!
Mutatis mutandis non sono le stesse cose di cui si lamenta la stragrande maggioranza dei piccoli e medi imprenditori in Italia (terminando sempre con “Questa è l’Italia”)?
Dunque mal comune mezzo gaudio? Certo che no perchè non ci risolve i problemi nostrani. Però, di fronte a queste (e tante altre evidenze) smettiamola di autoflagellarci pensando che altrove sia meglio: ci pone in una condizione psicologica che toglie la necessaria serenità ad affrontare e risolvere i problemi che pur abbiamo e ci spinge ad un fatale immobilismo che non risolve nulla, anzi aggrava tutto.
Criticare fa bene, suicidarsi no.