Società

In cosa consiste la riforma del TFR

A partire da settembre, dopo la pausa estiva, il governo italiano riprenderà i lavori sulla riforma delle pensioni. L’obiettivo è evitare il ritorno alla Legge Fornero, come promesso dai partiti di maggioranza durante la campagna elettorale. Una delle nuove proposte in discussione, presentata dal sottosegretario leghista al Ministero del Lavoro, Claudio Durigon, riguarda il Trattamento di fine rapporto (Tfr) dei lavoratori.

Durigon: Tfr nei Fondi Pensione Complementari

La proposta di Durigon prevede che una quota del Tfr, pari al 25%, venga automaticamente destinata ai fondi pensione complementari. Tuttavia, il lavoratore ha la possibilità di opporsi esplicitamente a questa destinazione entro un periodo di tempo stabilito, che, secondo la Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone, potrebbe essere di sei mesi.

“Una riapertura di un semestre di silenzio-assenso è una cosa che io sostengo e credo sia necessaria perché uno degli elementi che ha costituito una scarsa appetibilità della previdenza complementare, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni, è il fatto che non è stata spiegata bene, non è ben compresa (…) Io credo che sul tema della previdenza complementare di cui si è parlato in questi giorni si debbano fare assolutamente, e si stanno facendo, delle riflessioni perché il secondo pilastro pensionistico è sicuramente importante come supporto alla previdenza di primo livello”, ha dichiarato al Meeting di Rimini la ministra Calderone.

I beneficiari della proposta di far confluire il TFR nei fondi pensione sarebbero soprattutto le giovani generazioni, come ha spiegato Calderone.

“A mio modo di vedere forse non è stata spiegata bene, non è ben compresa. C’è bisogno di fare sicuramente anche molta promozione e di portare a bordo, e quindi condividere il percorso, anche con le organizzazioni sindacali e datoriali”, ha dichiarato la titolare del dicastero del Lavoro.

Sul tema è intervenuto anche il segretario della Cisl Luigi Sbarra.

“Bisogna aprire un confronto approfondito, non da ombrellone, che affronti la questione attraverso il dialogo con le parti sociali e la contrattazione. La previdenza complementare va sostenuta concretamente con misure concertate da sindacato e imprese, individuando percorsi incentivati e semplificati per l’adesione. La Cisl chiede da tempo l’introduzione di formule di silenzio-assenso per l’allargamento della platea dei beneficiari. Bisogna dare certezze a tante ragazze e ragazzi incastrati in percorsi frammentati, che con il sistema contributivo puro rischiano di andare incontro a pensioni poverissime. Lo Stato deve metterci del suo attraverso la fiscalità generale”

Il precedente del 2006

In realtà questa misura non è del tutto nuova: un approccio simile era stato già adottato nel 2006 per incentivare il rilancio dei fondi pensione complementari, un’alternativa al sistema pensionistico pubblico. L’obiettivo di tale proposta è quello di rafforzare le pensioni integrative, offrendo una maggiore sicurezza economica ai lavoratori nel lungo termine.

Anche in quel caso venne scelta la formula del silenzio-assenso, ma numeri alla mano fino al 2023 solo un lavoratore su tre l’ha scelta.

Il problema, per la ministra Calderone, è stato in quel caso la scarsa promozione e condivisione del percorso “anche con le organizzazioni sindacali e datoriali”.

Proprio per questo occorre oggi “semplificare tutte le procedure, non solo quelle di adesione ma anche quelle di gestione dei fondi di previdenza complementare e, soprattutto, delle fattispecie di recupero e di riscatto parziale, totale o anticipato dei trasferimenti ai fondi”.

Previdenza complementare: qualche numero

Gli iscritti alla previdenza complementare sono circa 9,6 milioni, con una crescita del 3,7% nel 2023 rispetto all’anno precedente. I dati mostrano che oltre il 60% degli iscritti sono uomini. Inoltre, la percentuale di giovani iscritti (fino a 34 anni) è aumentata, passando dal 17,6% nel 2019 al 19,3% nel 2023, grazie anche ai genitori che aprono conti per i figli e poi li alimentano. Gli iscritti versano mediamente 2.810 euro nei fondi pensionistici complementari. I lavoratori dipendenti, che beneficiano anche dei flussi di Tfr, versano in media 2.900 euro, mentre i lavoratori autonomi versano 2.720 euro. I giovani tendono a versare circa il 38% in meno rispetto alle fasce di età più centrali (35-54 anni).