“Guardando i dati positivi sulla raccolta del private equity in Italia, se consideriamo soltanto i soggetti privati, la prima fonte sono diventati gli investitori individuali e family office, che rappresentano il 17%”. E’ racchiusa in questa affermazione di Innocenzo Cipolletta presidente Aifi (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt) una delle novità più rilevanti, se non forse la più significativa, emersa nel corso della presentazione fatta ieri dei dati sul mercato italiano del private equity e venture capital del primo semestre 2018 a cui hanno partecipato anche Francesco Giordano, partner di PwC Deals, e Anna Gervasoni, direttore generale Aifi. Sono quindi diventati attori protagonisti in questa forma di investimento nelle Pmi italiane anche gli investitori individuali di tipo Hnwi, quindi con patrimoni rilevanti e tipicamente clienti del mondo del private banking, che trovano nei rendimenti del private equity anche un’alternativa interessante per diversificare ulteriormente i proprio portafogli. Un approccio che sta spingendo Aifi a collaborare sempre più con Aipb, l’Associazione Italiana Private Banking.
Più in generale i risultati dell’analisi condotta da Aifi, in collaborazione con PwC Deals mostrano che la prima parte dell’anno del private equity in Italia ha registrato una raccolta complessiva (sul mercato e captive, cioè proveniente dalla casa madre) pari a 1,9 miliardi di euro, in crescita del 55% rispetto al primo semestre del 2017. In particolare 1,7 miliardi sono stati raccolti sul mercato, +43% rispetto agli 1,2 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente. Escludendo l’attività dei soggetti istituzionali, la raccolta degli operatori privati è stata pari a 1,3 miliardi, contro i 453 milioni del primo semestre del 2017. Gli investitori internazionali hanno pesato sulla raccolta di mercato totale per il 38%, 50% se si escludono gli istituzionali.
Tornando ai dati sulle fonti della raccolta indipendente e privata del 1° semestre 2018, dietro ai nuovi leader family office e investitori individuali seguono i fondi pensione con un contributo del 16%. Attenzione però. Come sottolinea Cipolletta “di questi, solamente un terzo sono di provenienza domestica, 64 milioni, troppo pochi rispetto al potenziale che potrebbero offrire agli investitori e di conseguenza all’economia reale”. Non pervenuti tra le fonti di raccolta di uno strumento come il private equity, di sua natura ad alto impatto sull’economia reale, i Pir.