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In Italia solo 59 società quotate su 100 hanno un piano successione

L’Italia sta diventando sempre più attrattiva sul piano della remunerazione, almeno per quanto riguarda i top manager. Nel 2023 il compenso medio totale degli amministratori delegati delle società quotate ha raggiunto i 2,652 milioni di euro, in crescita dell’8% rispetto all’anno precedente, nonostante ci sia stata una riduzione del 10% della componente fissa, scesa in media a 846mila euro.

I dati sono quelli del Board index 2024  di Spencer Stuart, riportata da Il Sole 24 Ore, che ha setacciato i consigli di amministrazione delle prime 100 società quotate italiane per capitalizzazione, incluse le maggiori dell’indice FTSE MIB.

E proprio per ciò che riguarda le società FTSE MIB, si scopre che il compenso medio sale a 3,8 milioni di euro, con il 78% degli amministratori delegati che ha un compenso superiore al milione di euro e il 24%, quindi quasi uno su quattro, che supera i 4 milioni.

Top manager: quanto guadagnano in Italia

Considerando i presidenti, il compenso medio totale ammonta a 1,2 milioni di euro, in progressiva crescita negli ultimi 5 anni, mentre per i consiglieri il compenso totale medio è di 168mila euro. E se i “non esecutivi” in media percepiscono 105mila euro, gli esecutivi si portano a casa uno stipendio lordo di 956mila.

Inoltre, secondo la survey, si osserva un certo dinamismo sui rinnovi dei consigli di amministrazione, tanto che nel 2023, 36 società, (di cui 15 dell’indice FTSE MIB), hanno rinnovato il Cda. Le nomine sono state 183, con una quota crescente di Consiglieri nominati per la prima volta in una quotata.

Il CEO nei family business è di famiglia

La survey inoltre rivela come nei family business, ossia imprese familiari, il cui potere decisionale è in mano a figure che fanno riferimento alla famiglia, il capo arriva dalla famiglia di riferimento per il 51% dei casi e il più delle volte è anche Presidente. Inoltre, sul fronte retributivo, i compensi medi fissi risultano inferiori rispetto alle società non familiari, con un emolumento medio per i consiglieri di 42mila euro contro i 65mila euro delle non familiari

Quotate alla prova successione: solo 59 su 100 hanno un piano

Ma c’è un altro aspetto fondamentale su cui si è soffermata la survey di Spencer Stuart e riguarda il nodo successione.

Solo 59 società delle 100 considerate dalla survey ha definito un piano che riguarda l’amministratore delegato e appena 16 presentano un piano strutturato che traguarda il medio-lungo termine.  Delle società con un piano di successione, la maggioranza (43) ha previsto solo un “contingency plan” per situazioni di emergenza.

Trenta infine dichiarano di non avere alcun piano, mentre 11 non forniscono informazioni sul tema.

Giovanna Gallì, partner e director di Spencer Stuart sostiene:

La successione non può essere solo un tema di emergenza. È un percorso che l’azienda deve sviluppare e riguarda non solo le figure apicali in ruoli esecutivi, ma anche i ruoli di leadership all’interno del Consiglio di amministrazione, come il Presidente e i Presidenti dei comitati.

Ma che la successione sia un tema particolarmente sentito dai Consiglieri emerge dalla survey secondo cui per il 44% è la seconda priorità dopo la strategia aziendale.

«Questo significa che c’è una crescente consapevolezza della necessità di garantire stabilità e continuità nella leadership – sottolinea Gallì – che però deve fare i conti con un tema culturale e con la tendenza a sottovalutare i rischi di una mancata pianificazione”.

La ricetta, secondo Gallì, è di puntare su un maggior coinvolgimento di azionisti, autorità di vigilanza e altri stakeholder, che potrebbe stimolare le aziende a intraprendere un percorso più strutturato.

Il circolo virtuoso che si innescherebbe potrebbe favorire innanzitutto «maggiore capacità di attrarre investitori internazionali: la trasparenza rispetto agli stakeholder, in particolare rispetto agli investitori sulle regole di governance è un fattore centrale – afferma Gallì -. Una naturale conseguenza sarebbe anche la possibilità di fare emergere e crescere quella nuova generazione che oggi è molto poco rappresentata nei vertici aziendali».