Roma (WSI) – Quando il vento della crisi non si placa le «farfalle» tornano a volare. Le chiamavano così, le cambiali, negli anni Cinquanta perché in fondo questo erano: promesse un po’ svolazzanti di pagamenti “spostati” nel tempo. Farfalle, appunto.
La cambiale, in realtà, è un vero e proprio titolo di credito: un documento (si trova nelle tabaccherie) contenente l’ordine di pagare una certa somma a una scadenza stabilita. Voglio acquistare un bene e adesso non ho il gruzzolo necessario? Firmo una cambiale dove dichiaro che pagherò tra uno, due, tre mesi. Il “pagherò” può anche essere girato da un creditore a un altro. Come gli assegni. Alla scadenza non onoro il debito? Il creditore potrà rivalersi sui miei beni. Se ne ho, beninteso.
Negli anni del boom economico, mirabilmente innervati di speranza e fiducia, si fece un largo uso di questo strumento. Il grande Totò dedicò pure un film all’argomento. «L’Italia – ricorda Giuseppe Di Chio, professore di diritto commerciale dell’Università di Torino – attraversava una fase di crescita robusta, la ricchezza circolava, le famiglie risparmiavano ed erano solvibili». Adesso la cambiali sono tornate, ma la speranza e la fiducia c’entrano poco. È che in giro ci sono sempre meno soldi. E le banche si guardano bene dal concedere credito.
Lo studio condotto da Unirec (unione nazionale Imprese a Tutela del Credito) parla chiaro: nel periodo 2009-2011 il numero di cambiali siglate per saldare debiti con banche, società di servizi e società di credito al consumo è aumentato del 40 per cento. Tra il 2010 e il 2011 la variazione è stata dell’11’%. Dati confermati dall’Agenzia delle Entrate: nel 2011 sono state emesse 530mila marche da bollo per cambiali (chi firma un pagherò versa un’imposta di bollo pari al 12 per mille dell’importo) che sono arrivate a quota 550mila l’anno scorso. Sempre nel 2012, se è aumentato il numero delle cambiali è però diminuito l’importo complessivo passando dai 140 milioni del 2011 ai 135 dell’anno successivo.
Ma chi sono gli italiani che tornano a firmare e onorare le promesse di pagamento? «Si tratta – spiega Gianni Amprino, presidente di Unirec – per lo più di famiglie che avevano ottenuto prestiti per l’acquisto di beni di consumo: dalla tv alle vacanze, dall’arredamento alla ristrutturazione degli immobili. O magari avevano strappato un finanziamento per spese mediche. Poi, ed è il caso più frequente – prosegue Amprino – succede che uno dei due coniugi, a motivo della crisi, perda il lavoro».
A quel punto la rata o il canone di leasing diventano troppo pesanti e i pagamenti cominciano a saltare. Spiega ancora Amprino: «Le società finanziarie piuttosto che perdere tutto o avventurarsi in azioni legali dai tempi dilatati preferiscono concordare con i clienti un piano di rientro che preveda il rilascio di cambiali, con un importo più basso, da pagare regolarmente in banca». Importi che, sempre secondo il Centro studi Unirec, nel 2012 si sono aggirati introno a un valore medio di 220-230 euro a fronte di un ticket medio di 260 euro del 2011.
Il fenomeno, in ogni caso, non riguarda soltanto le famiglie. «Pur se in misura minore – conferma Amprino – anche le imprese, soprattutto quelle piccole e soprattutto, a quanto ci risulta, quelle del settore trasporti, sono in difficoltà a causa del calo degli ordinativi o dei ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni».
Anche le piccole aziende, dunque, concordano piani di rientro facendo riscorso alle cambiali. Certo, ci sono poi situazioni come quelle segnalate dalla Federazione Italiana Tabaccai di Parma riguardanti un pensionato che ha rilasciato una cambiale da 120 euro per pagare la spesa al supermercato, ma si tratta di casi-limite.
«Resta la sensazione – conclude Amprino – che oggi la cambiale rappresenti un male minore, uno strumento rispolverato dal passato per arginare i danni di una cultura del “credito facile” che ha indotto molti italiani a costruire stili di vita lontani dalle loro effettive capacità di reddito». Perché basta poco per ritrovarsi a collezionar farfalle.
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