A due settimane circa dello scoppio dello scandalo relativo alla frode della Punjab National Bank, il sistema finanziario dell’India inizia a sentire i primi contraccolpi e il paese si trova ora stretto in una morsa del credito, con i grandi gruppi stranieri sempre meno disposti a concedere garanzie al settore bancario del secondo paese più popoloso al mondo.
Gli istituti di credito stranieri sono sempre più riluttanti ad accettare garanzie delle loro controparti locali, rileva in un articolo Bloomberg, dove si precisa: “Citigroup, Deutsche Bank, Standard Chartered e HSBC hanno ridotto l’esposizione verso le operazioni utilizzate dalle società più piccole per accedere ai finanziamenti in dollari a breve termine”.
Lo hanno riferito all’agenzia di stampa americana fonti a conoscenza dei fatti, le quali hanno anche specificato che “proprio perché sono aumentati gli interrogativi sull’affidabilità creditizia delle banche statali indiane, i tassi sono aumentati fino a 0,5 punti percentuali per alcuni tipi di finanziamento”, alimentando una situazione di cosiddetto credit crunch.
I problemi in India sono iniziati lo scorso 10 febbraio, quando la Punjab National Bank (PNB) ha denunciato in una comunicazione alla Borsa e alla polizia di aver scoperto transazioni fraudolente equivalenti a 1,77 miliardi di dollari realizzate con l’emissione di Lettere di credito (LoU) irrevocabili e garantite da parte di una sua filiale (‘mid-corporate branch‘) di Mumbai a favore di imprese facenti riferimento al gioielliere miliardario indiano Nirav Modi e a suoi soci.
Nel documento diffuso dalla PNB, che è la seconda banca pubblica per importanza in India, si precisa che “le transazioni non autorizzate” sono state eseguite da personale che è riuscito a eludere il sistema centrale di controllo interno, permettendo la presentazione per l’incasso delle Lettere di credito anche a filiali all’estero di altre banche indiane, quali la Allahabad Bank, la Axis Bank e la Union Bank of India.