Il settore delle vendite al dettaglio britannico ha visto scendere ulteriormente il suo indice di salute a 79 punti nel primo trimestre dell’anno, a calcolarlo è il KPMG/Ipsos Retail Think Tank report. Si tratta del livello più basso raggiunto dal 2013 a oggi. L’arretramento è stato di un punto nei primi tre mesi del 2018, mettendo a segno il secondo trimestre negativo di fila.
A gravare sul settore sono principalmente una domanda debole affiancata a costi crescenti; a soffrire in modo più pronunciato sono gli store non alimentari. Per quanto riguarda il Regno Unito, oggetto della ricerca, sembra che a proteggere il retail da danni peggiori ci sia la crescita dei salari e l’elevata occupazione: sono entrambi fattori in grado di sostenere la domanda e, dunque, le vendite. Viene prevista, poi, una boccata d’ossigeno in concomitanza con la Coppa del mondo di calcio, in grado di favorire le vendite di gadget e articoli sportivi.
Per stare a galla, i rivenditori dovranno lavorare in modo “incredibilmente duro e intelligente”, ha dichiarato Paul Martin, responsabile della vendita al dettaglio di KPMG UK, “ci sono molti costi che si accumuleranno nei prossimi mesi, compresa l’implementazione della prossima fase del National Living Wage e dell’iscrizione automatica delle pensioni, la conformazione last minute ai regolamenti GDPR e costi di marketing aggiuntivi per aiutare promuovere sconti”.
In questo quadro complessivamente negativo, resistono alcuni specifici modelli di business, ha spiegato James Sawley, responsabile vendite al dettaglio di Hsbc: “I discount, i rivenditori online di moda, i rivenditori di generi alimentari e i piccoli rivenditori di nicchia stanno registrando ottimi risultati e mantenendo i loro margini”.