Dal fronte macro il dato più importante di giornata, in particolare viste le indiscrezioni su un cambio di politica monetaria della Bce a giugno, è quello relativo ai prezzi al consumo. I dati di aprile mettono in difficoltà Mario Draghi, che conta sull’inflazione bassa per poter continuare a convincere i falchi del board a tenere in piedi le misure di sostegno monetarie straordinarie.
Stando alla stima flash l’indice CPI dell’area euro si è attestato all’1,9% questo mese, in rialzo dall’1,5% di marzo e dopo il 2% di febbraio. Il valore fa pensare che il ribasso di marzo era un caso isolato e che nel 2017 i prezzi al consumo stanno effettivamente salendo se si esclude l’andamento degli alimentari e del petrolio.
A preoccupare è soprattutto l’incremento del valore ‘core’ dell’inflazione – senza considerare gli elementi volatili come cibo ed energia – che è salito all’1,2% dallo 0,7%. Le attese erano per un risultato pari all’1% in Eurozona. È questo l’indice più importante per la Bce, quello da cui dipendono più di ogni altra cosa le strategie di politica monetaria di Draghi e colleghi della direttorio della Bce.
Come si vede bene dal grafico sotto riportato, è innegabile che il trend sia in ripresa per l’inflazione. Questo renderà molto più duro il compito di Draghi, che ha puntato molto sull’andamento sottotono dei prezzi al consumo per giustificare ai falchi della Bundesbank i piani di stimolo monetario eterodossi in vigore ormai da diversi anni.
Sull’azionario il settore bancario europeo ha toccato i massimi di seduta dopo che sono stati pubblicati i dati superiori alle attese sull’inflazione in area euro. La componente ‘core’ dell’indice CPI è salita ai massimi dal 2013. L’indice italiano Ftse MIB, sui tanto pesano i titoli del comparto finanziario, guadagna quasi mezzo punto percentuale a quota 20.695,36 punti.
Anche in Italia, sempre basandosi sulla stima flash, l’indice di inflazione è cresciuto più del previsto ad aprile. L’indice CPI ex tabacco ha visto una variazione positiva dello 0,3% su base mensile, in aumento rispetto al consensus (+0,2%) e anche se confrontato con la variazione nulla di marzo.
Su base annua, sempre in Italia, il dato ha evidenziato un incremento dell’1,8% al +1,4% della rilevazione antecedente. Il consensus in questo caso era per una percentuale del +1,4%. Il valore mese su mese dell‘indice armonizzato con l’Unione Europea ha registrato un aumento dello 0,8%, sopra le stime che erano per una variazione del +0,5%, in calo rispetto alla crescita dell’1,9% di marzo (rivista al rialzo dall’1,8%). Su base annua l’indice ha fatto un balzo del +2%, in miglioramento rispetto sia al dato precedente (+1,4%) sia al consensus degli analisti (+1,6%).
Sul mercato dei tassi di cambio, anche l’euro giova dell’andamento sorprendentemente positivo dell’inflazione, che stupisce in modo particolare se si pensa che fino a ieri Draghi sosteneva che le pressioni sui prezzi al consumo erano ancora prevalentemente al ribasso e che, malgrado i miglioramenti sul frangente della crescita economica, l’inflazione bassa non giustificava una strategia di uscita dalle manovre ultra accomodanti, messe in piedi dalla Bce da quando è scoppiata la crisi del debito sovrano europeo.